Marco Crescenzi e Lucia Migliaccio. L’appuntamento di PRIMA
Cosa rimarrà di Marco Crescenzi presentato da Lucia Migliaccio nella kermesse “leggere fa bene alla salute”. Camici bianchi, curiosità, scelte e fascino.
Marco Crescenzi è il terzo autore selezionato da Lucia Migliaccio e da Prima, Insieme per la qualità della vita. Leggere fa bene alla salute è l’ennesima iniziativa messa in atto per regalare momenti cultura, accrescimento personale e serenità. SenzaBarcode è fiero di esserne media partners.
Il lavoro di Marco Crescenzi arriva dopo circa 120 pubblicazioni scientifiche, in gran parte in lingua inglese, e di diversi articoli divulgativi in italiano. Dopo la ricerca, la sue maggiori passioni sono l’insegnamento e la diffusione della scienza. È Laureato in Medicina e Chirurgia, ed è Primo ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità di Roma
Il sito dell’ISS – Istituto Superiore di Sanità– lascia questa significativa recensione:
“Nell’attraversare sentieri complessi come l’evoluzione dell’uomo, fino all’esplorazione del cosmo, l’autore racconta come gli uomini regalano all’umanità la storia che è inevitabilmente anche la storia delle connessioni infinite e complesse di questo sapere”
Marco Crescenzi definisce questo lavoro semplicemente racconto, ma è così? lo chiediamo a Lucia Migliaccio
Devo dire che leggendo il libro ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad un avvincente romanzo, tanto quanto solo la realtà può esserlo. Un romanzo che tratta le passioni della vita e grande amore per la scienza e la sua divulgazione. Spiega con semplicità disarmante argomenti scientifici che catturano l’attenzione del lettore e generano il desiderio di scoprire nuovi orizzonti.
Ancora una domanda alla presidente di PRIMA, la sua iniziativa unisce la salute, la cultura e l’allegria, perché Leggere fa bene alla salute?
Leggere fa bene alla salute come fa bene concedersi del tempo. Nel caso dei nostri incontri poi, alla lettura si unisce il piacere di incontrare altre persone, trattare tanti argomenti nuovi e confrontarsi su idee. Ci si apre a nuova conoscenza con piacevolezza e quindi non può che farci bene. L’11 maggio ci sarà il nuovo appuntamento letterario e PRIMA si tingerà di giallo con “Il dente avvelenato” di Fabio Mulas e Alberto Cerza. Sarà l’ultimo di questa stagione ma contiamo di proseguire nel prossimo autunno.
Marco Crescenzi, lei in questo lavoro riesce a parlarci di ricerca scientifica rendendola “a misura d’uomo”, legando questa delicata materia ad un racconto che l’alleggerisce. Questo sottolinea elasticità e capacità espositiva. Ma riesce ad inserire anche introspezione e le scelte umane che ci troviamo a fare ogni giorno, come riesce a legare insieme questi elementi.
In realtà questo è facile per chi vive la scienza come una realtà emozionante da narrare. Come si dice nel libro, la scienza può essere raccontata. Anzi, aggiungerei, è il miglior modo per comunicarla al pubblico non addetto, agli studenti e perfino agli altri scienziati. Prova ne sia che anche nei miei seminari scientifici io narro la storia degli esperimenti che hanno portato alle conclusioni che abbiamo raggiunto. Se la scienza diviene quindi una grande storia da raccontare, si inserisce senza sforzo in un romanzo tradizionale, sia pure leggero come quello in questione.
Tutto il resto viene da sé: l’introspezione, le scelte esistenziali, le riflessioni, i sentimenti costituiscono la nostra vita di tutti i giorni: si tratta solo di raccontarli cercando di trasmettere le emozioni che destano in me.
Nello scrivere questo libro, il mio obiettivo principale era parlare di scienza, e questo l’ho fatto col massimo rigore. Ho scelto la forma del romanzo (che è una categoria eccessivamente impegnativa, io preferisco dire “racconto”) perché in questo modo avrei potuto trasmettere le emozioni che la scienza suscita in me. Sono emozioni forti, che non avrebbero trovato posto in un saggio o in un articolo, e che spero che almeno qualcuno dei miei lettori faccia sue.
A Marco Crescenzi cosa è rimasto dai suoi libri e dalle sue pubblicazioni?
A Marco Crescenzi è rimasta la gioia di avere registrato e comunicato ad altri cose ed eventi che per lui sono molto importanti. È un modo di esprimere qualcosa che nasce dal profondo e che chiede di venire fuori. Qualcuno di noi lo fa con la parola parlata, altri con la prosa, altri ancora con la pittura, la fotografia, la poesia, la scultura. L’esigenza è sempre la stessa: quella di far emergere qualcosa che grida da dentro per uscire. Chi avverte questa necessità, ma non trova una via per esaudirla, può essere profondamente infelice. Ricordate il Salieri di Amadeus? Lui capiva la musica, lui bruciava dal desiderio di crearne, ma non ne era capace. E divenne pazzo.
Ma in fondo non è così importante sapere cosa è rimasto a Marco. Il titolo del libro allude a ciò che rimarrà agli altri, a chi verrà dopo di noi. Marco con il suo lavoro, e in piccolissima misura anche con alcuni suoi libri, spera di aver fatto qualcosa di buono per il genere umano cui sente di appartenere, di aver lasciato qualcosa dietro di sé. Quello che rimarrà.
E, forse, di aver insegnato qualcosa a qualcuno. Per una scelta consapevole di cui non si è mai pentito, Marco non ha figli. Ma è probabile che in ognuno di noi esista la spinta, istintiva, animale, insopprimibile, a trasmettere ciò che sa. Marco non può esaudire questo bisogno insegnando ai suoi figli, ma può farlo coi suoi studenti e col suo modestissimo pubblico. Anche qui Marco cerca di lasciare a qualcuno il piccolo tesoro che ha accumulato nel corso di una vita. Perché non vada disperso e perché altri ne possano godere.
Sul sito dell’autore sono disponibili tutte le informazioni sui sui libri.