Immigrazione, lo schiavismo 3.0 gira intorno al nostro PIL
Immigrazione, in principio ci fu l’appello dei nobel contro lo sterminio per fame nel mondo, oggi lo schiavismo 3.0 per salvare il nostro pil e le nostre pensioni.
Questo non è il solito articolo a favore o contro l’ immigrazione. Riteniamo che la migrazione sia un fatto talmente naturale nella storia dell’uomo che è impossibile ipotizzare di interrompere. Che sia il singolo in cerca di fortuna, la comunità oppressa che cerca rifugio o semplicemente l’istinto di esplorare. La migrazione fa parte della preistoria e della storia dell’umanità. Dai Cro-Magnon oltre 35 mila anni fa all’istinto che ci ha portati sul nostro satellite naturale nel ’69.
Gli stati nazionali, così come li conosciamo, sono invenzione recente e, forse, di prossima estinzione. Ma non è su riflessioni antropologiche che vogliamo concentrare l’articolo. Gli stati nazionali esistono, e finché esisteranno nazioni ci sarà sempre un’entità statuale che vorrà poter regolare e sorvegliare il flusso migratorio. Magari stati sempre più grandi fino ad abbracciare un continente intero.
Dal PIL contro lo sterminio per fame nel mondo
Il problema è l’approccio al fenomeno migratorio. Nel 1979 le Nazioni Unite pubblicano un rapporto che prevede per l’anno successivo 40 milioni di morti per fame e denutrizione. Si denuncia il mancato adempimento dei paesi industrializzati di destinare lo 0,7% del PIL per la cooperazione allo sviluppo. Il 24 giugno 1981, su iniziativa del Partito radicale, viene diffuso nelle maggiori capitali dell’Occidente un documento contro lo sterminio per fame sottoscritto da decine di Premi Nobel. Iniziava un percorso di lotta nonviolenta che portava migliaia di persone e decine di vip a marce, digiuni e iniziative politiche.
“Si svuotino gli arsenali, strumenti di morte, si riempiano i granai, fonte di vita”. In quel periodo coinvolge un po’ tutti la corsa solidale contro lo sterminio per fame, ma anche per la riduzione degli armamenti. Nasce nel 1984 il mega gruppo musicale Band Aid composto dai più noti artisti rock e pop dell’epoca.
Nel ’85 la stessa Band organizzò un concerto in favore della popolazione etiope colpita da carestia in contemporanea a Londra, Filadelfia, Sydney e Mosca. La cortina di ferro ancora esisteva. Fu il più grande collegamento via satellite e la più grande trasmissione televisiva di tutti i tempi. Due miliardi e mezzo di ascoltatori in cento paesi che assistettero alla trasmissione in diretta.
Nello stesso periodo andava molto di moda il Rapporto sui limiti dello sviluppo commissionato al MIT dal Club di Roma, che fu pubblicato nel 1972. Gli obiettivi erano la riduzione della bomba demografica e la decrescita felice prima che collassassero intere regioni del pianeta.
Al neoschiavismo per il nostro PIL
Bei tempi? No, non direi. Si moriva per fame. I più colpiti come al solito i più indifesi. Anche allora governi corrotti e guerre alimentate dall’occidente. Oggi le cose sono rimaste più o meno inalterate, in qualche caso il genocidio si è spostato in altre regioni del pianeta. Insieme a fame e disperazione.
È cambiato, però, l’approccio di una certa intellighenzia priva di fantasia che prova con marcette equo-solidali a far accettare a popolazioni restie una verità agghiacciante spacciandola per grande progresso sociale. Le nostre culle sono vuote e le nostre pensioni sono troppo onerose. I lavori da bassa manovalanza sottopagati sono pronti a far crescere di nuovo il PIL. Il tutto condito da grafici e numeri ineccepibili. Leggiamo queste perle del nuovo colonialismo, o nuovo schiavismo 3.0, per cui non c’è più bisogno di invasioni e deportazioni.
I nuovi sfruttati
Gli stranieri non riducono l’occupazione degli italiani. Occupano progressivamente le posizioni meno qualificate abbandonate dagli autoctoni in settori in cui il lavoro è prevalentemente manuale, più pesante, con remunerazioni modeste e con contratti non stabili. I loro stipendi sono inferiori a quello degli italiani e decrescono nel tempo.
Sfruttati che pagano le nostre pensioni
È necessario un aumento degli immigrati di circa 1,6 milioni di persone. Un fabbisogno indispensabile per compensare la riduzione della popolazione italiana in età lavorativa causata dalla diminuzione delle nascite. Per salvaguardare l’attuale forza lavoro, per garantire l’attuale capacità produttiva del Paese e per rendere sostenibile il sistema previdenziale.
… e fanno crescere il nostro PIL
L’apporto di lavoro degli stranieri è fondamentale per la creazione di valore aggiunto. Dal 1998 al 2007 il PIL totale italiano è salito del 14,4% in termini reali, ma senza gli stranieri sarebbe salito solo del 10,5%; nei successivi sette anni di crisi (2008-2015) il PIL complessivo è calato del 7,3%, ma sarebbe sceso ancora di più, cioè del 10,3%, senza i lavoratori immigrati.
Da milioni di vivi subito a milioni di schiavi in 10 anni
A parte le ovvie contraddizioni di stile “umanitario“, sorge un dubbio. Ma non dovevamo essere noi a ridurre il nostro PIL per destinarlo a far crescere le aree più sfortunate? Nei prossimi 10 anni oltre ad importare milioni di schiavi ne favoriamo anche la migrazione. In quei 10 anni gli U.S.A. si accordano per una vendita di armi pari a 350 miliardi di dollari – si, avete capito bene, miliardi! – al solo regno saudita evidentemente per accelerare il deflusso da quell’area. Gli stessi U.S.A. pochi giorni dopo chiedono il contributo economico dei membri della Nato all’Alleanza atlantica.
Più soldi, più armi, più guerre, più immigrati, più pil. Proseguite all’infinito la filastrocca. A Milano non c’erano gli attori di un tempo, solo qualche comparsa.