Virginia Raggi vince e adesso tutti contro
Virginia Raggi arriva al ballottaggio e ha tutti contro, poteri forti, meno forti e anche gli altri candidati trombati, il Patto del Nazareno imperversa.
Dopo quanto successo a Roma negli ultimi due anni, da Mafia Capitale alla defenestrazione dal notaio del sindaco Ignazio Marino per volontà del capo del governo Matteo Renzi e in considerazione del buco di bilancio mostruoso ereditato da tutte le passate amministrazione, un cambio della guardia sarebbe naturale fossimo stati in una normale Capitale di un normale Paese. Purtroppo di normale in questa città non c’è nulla, o meglio è normale che un buon numero di cittadini diano fiducia ad una forza politica nuova che non ha mai governato la città, non è normale il balletto di potere che si sta scatenando intorno a questa ovvia e alquanto scontata ipotesi. Sarà bene osservare la campagna elettorale contro Virginia Raggi nelle prossime due settimane, perché attraverso questa campagna elettorale assisteremo alle peggiori nefandezze possibili somma di tutti i mali di questo disgraziatissimo Paese: dal potere editoriale a quello economico passando per quello partitocratico.
ACEA, poteri forti e ququaraquà
Cominciamo dal potere forte per antonomasia, quello da cui tutti i candidati sindaci da sempre dicono di essere liberi, Caltagirone. Virginia Raggi candidata del MoVimento 5 stelle parla del futuro di ACEA come azionista di maggioranza se amministrerà Roma, sarebbe ovvio se non banale in un Paese normale, ma qui si scatena subito l’inferno, il potere forte per eccellenza che nella Capitale ci ha fondato il proprio impero di palazzinaro, azionista di minoranza di ACEA ed editore del giornale tra i più letti nella Capitale –Il Messaggero– prende subito provvedimenti. Virginia Raggi diventa il nemico della finanza, le azioni cadono e scatta immediata la difesa degli interessi comuni. E non essendo stato sufficiente come monito la flessione in borsa dell’azienda durante la campagna elettorale per il primo turno adesso che siamo arrivati al ballottaggio bisogna dare un segnale ancora più forte e la caduta in borsa del titolo assume immediata valenza politica, questo a rimarcare che i sindaci su ACEA, e non solo, pur rappresentando la maggioranza delle azioni non possono mettere becco ma possono solo assecondare i desideri del Caltariccone di turno.
La finanza ha dato il suo verdetto. Si sa, le vie della borsa sono infinite ma oggi la strada deve essere una ed una soltanto: impedire che venga cambiata quella rotta che ha assicurato fino ad oggi ottimi profitti ai ricchissimi ma molto meno ai cittadini.
Berlusconi, Marchini e ora la Meloni?
Terminato il primo turno nel centro destra si va alla resa dei conti, tra Giorgia Meloni che attacca Silvio Berlusconi reo di fare il gioco del nemico mantenendo in piedi il Patto del Nazareno e Berlusconi che accusa la Meloni e Salvini di essere degli illusi, perché senza il vecchio faraone non si vince e non si governa. I numeri sono sotto gli occhi di tutti, se il centro destra non si fosse spappolato al primo turno al ballottaggio contro Virginia Raggi oggi ci sarebbe il candidato unitario e non Giachetti, e sarebbe molto più avvantaggiato del renziano per la corsa al Campidoglio. Altro elemento indiscutibile è che la Meloni, a differenza di Guido Bertolaso, aveva senza dubbio più possibilità di sfondare nei cuori degli elettori, e non solo perché donna.
Una campagna straordinaria sotto il segno del vero miracolo quella della leader di Fratelli d’Italia e una rimonta nei sondaggi veramente lodevole. Finito il miracolo, però, si torna alla realtà di tutti i giorni, il potere, che meglio si condivide se dovesse vincere al ballottaggio Renzi, perché la partita è nazionale e quindi non importa se la vittoria di Virginia Raggi farebbe scattare qualche seggio in più da quelle parti, importante è continuare a mantenere quegli equilibri nazionali che nessuno per il momento veramente vuole destabilizzare.
La resa dei conti si farà con il referendum istituzionale forse, ma non oggi, e anche se la paura di essere schifati dall’elettorato per l’ennesimo inciucio impedisce ai leader di centro destra di appoggiare apertamente il democrat a Roma sentiamo già odore di inciucione: e non è un bello spettacolo.