Maschere dell’anima: turbamenti e rinascite
Carolina Caracciolo, con “Maschere dell’anima”, esplora il tema della perdita e della rinascita. Un romanzo intenso che racconta un viaggio emotivo.
Carolina Giudice Caracciolo, autrice di “Maschere dell’anima”, pubblicato da SBS Edizioni, ci accompagna in un viaggio emotivo e complesso all’interno del dolore e della rinascita. Nata a Roma nel 1981, Carolina ha un percorso artistico variegato che include esperienze nel teatro, nella televisione e nella scrittura poetica, prima di approdare alla narrativa. Attualmente vive a Creta, dove lavora nel settore turistico e insegna italiano.
Nel suo libro, “Maschere dell’anima“, Carolina esplora la storia di un uomo che, dopo la perdita del figlio, cerca un nuovo significato per la sua esistenza. Ambientato in un parco, questo racconto ci porta a scoprire il lato più intimo e nascosto del protagonista, rivelandoci il potere delle relazioni umane nel processo di guarigione.
“Maschere dell’anima” affronta il tema della perdita e della rinascita. Come è nata l’idea di questo romanzo e quale parte della tua esperienza personale hai riversato nel protagonista?
L’idea è nata quasi per caso poco più di un anno fa, mentre mi trovavo seduta in un bar all’aperto da sola. Osservavo le persone attorno a me, cercando di trovare qualcosa di interessante nei loro sguardi, nei loro pensieri solitari. Capita spesso di trovarmi in queste circostanze, dove mi piace immergermi, guardando lo scorrere delle vite altrui.Credo fermamente che tutti abbiano qualcosa di interessante da confessare, senza doverci perennemente giustificare al mondo osservatore che è pronto a giudicare.C’è abbastanza creatività in questo romanzo, ma la grande sofferenza scaturita perdita, vissuta dal protagonista, è stata la stessa provata pochissimo tempo fa sulla mia pelle.
Nel tuo libro, il parco diventa un vero e proprio personaggio, un luogo di introspezione e scoperta. Come sei riuscita a dare così tanta importanza a questo spazio e quale significato ha per il protagonista?
È sempre bello con silente tranquillità, raccogliersi in un posto dove stiamo bene, senza doverci per forza confrontare con qualcuno. I parchi sono sempre stati luoghi di pace, un posto dove potersi rifugiare tra il silenzio e la natura che ci osserva. Questo è stato per me un punto di partenza della storia: un momento privato con noi stessi e i nostri tumulti interiori. Per il protagonista è stata una forma di fuga, da una realtà sfiancante, trovando una maniera per svincolarsi dal presente avaro di slanci felici. In questo posto poi, troverà la guarigione alle sue ferite.
La copertina del libro mostra un uomo con delle maschere in mano, un’immagine molto evocativa. Cosa rappresentano per te queste maschere e come si collegano al percorso di rinascita del protagonista?
Le maschere sono una copertura della realtà. Sono una protezione volutamente imposta da noi stessi, per non mostrare realmente quello che proviamo e ciò che siamo. Il protagonista ha una reale necessità di confessarsi e sbarazzarsi di sofferenze, imposte dalle circostanze della vita per troppo tempo. Il coraggio e la voglia di liberarsi da questo peso, lo svincola da certi meccanismi passati: finalmente è libero di per poter fare cadere delle maschere così ingombranti e tornare a vivere veramente.
Il protagonista incontra una giovane donna che gli cambia la vita. Come hai sviluppato il loro rapporto e quali dinamiche hai voluto mettere in evidenza attraverso questo legame?
Certi rapporti sono talmente totalizzanti, che è difficile spiegare la loro riuscita e la loro forza nel nascere. Ho voluto narrare un rapporto diverso dai soliti canoni sentimentali: un rapporto mentale, prima che fisico sicuramente. Si è troppo spesso abituati a percepire un legame tra uomo e donna, bastano soprattutto sull’attrazione fisica prima che emotiva. Questa storia è l’ eccezione che conferma la regola, perché ho voluto mettere in evidenza uno smisurato bisogno di attenzioni affettive del personaggio in primis, e poi il resto. Il protagonista andando avanti con questa relazione, si renderà conto di desiderare anche qualcosa di fisico e passionale, eliminando dal suo volto una volta per tutte queste fastidiose maschere.
Nel corso della storia, il protagonista si scontra con le sue fragilità, ma anche con il desiderio di ritrovare la speranza. Quali messaggi hai voluto trasmettere ai lettori riguardo al coraggio e alla debolezza?
Nella vita non bisogna mai dare niente per scontato. Lo so, possono suonare blande e costruite le mie parole, ma non è così.Sono estremamente sincera nel dire che c’è sempre un disegno divino per noi, benché siamo la maggior parte delle volte, noi gli artefici del nostro destino. Ho una visione semplicistica riguardo a certi argomenti, però posso soltanto asserire con certezza ai lettori, che è molto più semplice di quello che sembra. Lasciamoci andare un po’ di più alle sorprese della vita, perché la paura è soltanto una scusa per nascondersi, allontanando il coraggio che ci serve e le debolezze che abbiamo paura di affrontare.
Sei stata un’insegnante di italiano per stranieri e hai vissuto diverse esperienze artistiche. In che modo queste tue esperienze ti hanno influenzato nella scrittura di “Maschere dell’anima”?
Moltissimo. Sono state esperienze molto importanti nella mia vita, soprattutto quella artistica. Sono esperienze che ti formano e ti permettono di conoscere meglio te stessa, arricchendo un bagaglio culturale che ti porti con te tutta la vita. Sono una persona creativa, ho bisogno spesso di esprimermi in qualcosa che faccia bene al mio spirito, cercando di trasmetterlo al mondo che mi circonda. Posso ritenermi fortunata, perché ho avuto la possibilità di metterlo in pratica, attraverso la scrittura. Mi auspico di continuare a farlo e riuscire a emozionare i lettori con questo nuovo romanzo.