IA e proprietà intellettuale
Ci sono legami profondi tra l’IA e la creatività, così come ci sono legami profondi tra l’utilizzo dell’intelligenza Artificiale e il ruolo e diritti di tanti lavoratori. Come si può affrontare il problema mettendo al primo posso la tutela della proprietà intellettuale?
Era il 2020 quando l’artista Robert Alice mise all’asta una sua opera, creata però da un algoritmo, come NFT, ovvero Non Fungible Token. Incasso? Oltre 130 mila dollari. Le polemiche, ovviamente, non si fecero attendere: di chi era veramente quell’opera? Di un algoritmo o di un artista umano? Di chi erano i diritti su quell’opera? Qual era la proprietà intellettuale?
Un vuoto normativo
Cercare risposta nelle leggi o nelle normative è inutile: a oggi manca ancora un assetto giuridico in grado di affrontare e gestire le tante sfide poste dell’Intelligenza Artificiale. Se ci si limita infatti alla legge sul copyright non troveremo in alcun modo indicazioni su algoritmi, machine learning o IA generativa. Si tratta di un vuoto normativo che, come si legge su Gaming Report, va colmato e che attualmente crea incertezze, alimenta polemiche, confonde. E soprattutto spaventa. Perché le potenzialità dell’IA sono incredibili, ma vanno guidate e assecondate, mettendo in primo piano i diritti dei lavoratori.
Lo ha dimostrato il caso dello sciopero degli sceneggiatori a Hollywood: oltre 145 giorni di sciopero, portato avanti dalla Wga, la Writers Guild of America, il sindacato statunitense degli sceneggiatori, e altre sigle del settore. L’obiettivo era duplice: da un lato chiede che l’IA non venisse addestrata per creare copioni o sceneggiature oppure addirittura manipolare il loro lavoro. Dall’altro si chiedevano paletti per limitare l’utilizzo di questa tecnologia in senso creativo.
“I lavoratori e i sindacati si battono da anni contro l’automazione e alcuni usi dell’AI sul posto di lavoro, ma il Writers Guild è stato tra i primi a farlo dopo l’ascesa di OpenAI e ChatGPT”, aveva spiegato Brian Merchant, esperto di IA e autore del libro “Blood in the machine”.
Il caso della Sony
L’Intelligenza Artificiale è infatti capace di generare contenuti creativi in maniera autonoma: poesie e testi, musica e disegni, quadri e sceneggiature. A differenza delle opere create da esseri umani, però, le creazioni generative dell’IA non sono facilmente attribuibili a un singolo autore o creatore, complicando la questione della proprietà intellettuale. Una presa di posizione interessante è stata quella fatta dalla Sony che ha vietato alle piattaforme di IA di utilizzare i suoi brani per addestramento.
Nella lettera, rivolta anche a Google, Microsoft e Meta, si legge anche l’accusa di utilizzare artisti della loro scuderia senza il loro permesso e senza la loro autorizzazione. “Nonostante sosteniamo artisti e cantautori che assumono un ruolo guida nell’adozione di nuove tecnologie a sostegno della loro arte – si legge sempre sull’articolo pubblicato da Gaming Report su proprietà intellettuale e intelligenza artificiale – tale innovazione deve garantire il rispetto dei diritti degli autori e degli artisti discografici, compresi i diritti d’autore”.
Un passo in avanti importante, che di certo non sarà l’ultimo nella lunga storia dei rapporti tra Intelligenza Artificiale e creatività.
Foto di Tung Nguyen da Pixabay