Cyberstalking: atti persecutori digitali
Il reato di stalking viene introdotto nel codice penale italiano con il D.L 11 del 2009 convertito poi nella legge nr. 38/2009.
All’interno del nostro codice penale è punito all’art. 612 bis che ha come titolo in italiano atti persecutori anche se viene abitualmente associato al gergo inglese stalking. Parlare del reato di atti persecutori nel mondo fisico è necessario per capire la portata dell’azione malevole all’interno del mondo digitale. In primo luogo bisogna precisare che nel mondo fisico gli atti che vengono associati allo stalking sono molestia, minaccia portate avanti nel tempo in modo tale da creare nelle vittima uno stato grave di paura e timore per la propria incolumità o quella di un parente.
Risulta molto utile ricordare che la paura generata nella vittima può riguardare anche l’incolumità di un parente in quanto non di rado lo stalker porta avanti i suoi atti persecutori anche nei confronti dei familiari della vittima proprio per aumentare la paura ed il tormento.
Altra caratteristica fondamentale del reato di atti persecutori riguarda il fattore temporale. Queste azioni sono ripetute nel tempo in modo tale da non dare tregua alla vittima tato che la stessa vista l’assidua azione persecutoria inizia a cambiare le proprie abitudini di vita: sceglie luoghi diversi da quelli frequentati abitualmente, smette di frequentare attività ludiche fino ad avere paura di uscire da sola anche per recarsi al lavoro abituale. Lo stile di vita cambia radicalmente perché l’azione di stalking genera una pressione psicologica tale per cui la persona presa di mira non si sente al sicuro in nessun luogo.
Dopo aver brevemente accennato alle caratteristiche dello stalking nel mondo fisico parliamo adesso del cyberstalking
Già la parola cyber ci fa capire che il reato è commesso attraverso l’uso dello strumento tecnologico. Utilizzare il mondo digitale crea nella vittima una pressione psicologica ancora più forte in quanto la stessa si sente oppressa non solo con azioni fisiche ma anche sul fronte digitale attraverso post, commenti, ripetuti e continui invii di messaggi o continue chiamate o squilli telefonici. La pressione aumenta anche al fattore geolocalizzazione in quanto spesso quando si postano in rete immagini di luoghi frequentati attraverso il tag di amici e luoghi, lo stalker ha la possibilità di individuare facilmente il punto esatto in cui si trova la sua vittima e dunque portare avanti anche un controllo ossessivo dal punto di vista dei pedinamenti.
In alcuni casi, quelli più gravi, l’aver condiviso password o strumenti tecnologici con lo stalker – che potrebbe essere anche un ex partner – come per esempio aver prestato per anche un solo giorno il telefono all’altro, potrebbe aver dato la possibilità all’aggressore di istallare delle applicazioni spia attraverso le quali risulta molto più facile per lo stalker portare avanti gli atti persecutori comodamente a casa da remoto davanti al proprio pc.
Purtroppo anche in questi casi le molestie e le minacce facenti parte del reato di atti persecutori viene denunciato sempre troppo tardi soprattutto quando lo stalker è la persona con cui si aveva una relazione affettiva. Questo induce l’aggressore a diventare sempre più assillante e determinato nel portare avanti le sue azoni perché vede l’indecisione e quel sottile filo di speranza presente nella vittima di poter cessare l’atto persecutorio senza l’aiuto della giustizia. In questo modo le azioni diventano sempre più gravi e la vittima sempre più succube psicologicamente.
Per cercare di stoppare sul nascere le azioni persecutorie che possono manifestarsi con molte chiamate in poche ore
continui messaggi, fax, biglietti, squilli è bene rivolgersi alle forze dell’ordine per chiedere l’ammonimento del Questore e nel caso questo non produca effetti sporgere querela allegando al racconto tutte le prove informatiche. Purtroppo il recente fenomeno della gelosia digitale adolescenziale porta sempre più spesso uno dei due partners a chiedere all’altro l’accesso agli account proprio per controllare le azioni digitali compiute nei confronti di altri soggetti estranei alla coppia. L’errore di condividere per amore ed affetto questi profili personali finisce per far compiere ai giovani – anche involontariamente – azioni di controllo possessivo e atti persecutori digitali che potrebbero essere limitati con una buona educazione digitale e la consapevolezza che gli account in rete sono parte della nostra reputazione digitale.
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