Enrico II, un francese a Londra
Enrico nasce a Le Mans il 5 marzo 1133 ed è il figlio maggiore di Matilde d’Inghilterra e del secondo marito, il conte d’Angiò Goffredo Plantageneto.
Quando è ancora piccolo, la madre iniziala lunga guerra per il trono inglese con il cugino Stefano, nella quale Enrico viene coinvolto da quando ha quattordici anni. Oltre alla lotta per il trono, Enrico deve affrontare anche il re di Francia Luigi VII, che teme il rafforzamento eccessivo del ducato di Normandia e della contra di Angiò; oltretutto, Enrico sposa l’ex moglie di Luigi, Eleonora d’Aquitania, il che non contribuisce a smorzare la tensione.
Nel 1153 Enrico raggiunge un accordo con Stefano per farsi nominare suo successore e, appena un anno dopo, ascende al trono. Non dimentica tuttavia la Francia, dove anzi estende i suoi domini a danno di conti rivali e, ancora, del re francese. Uomo intelligente ed acculturato, Enrico si batte per restaurare l’autorità reale dopo anni di guerra civile, per rafforzare il potere della legge, per uniformare usi, costumi e norme locali, per espandere il commercio.
Tenta anche di combattere gli eccessivi privilegi del clero e, al riguardo, nel 1164 fa approvare le Costituzioni di Clarendon, un insieme di norme che limitano i privilegi ecclesiastici. Tali norme ovviamente non sono ben accolte dal clero, in particolare dall’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket.
Nel 1169, dopo un altro conflitto in terra francese, 1169 Enrico decide di nominare il figlio Enrico il Giovane suo successore
ma tale nomina richiede l’assenso dell’arcivescovo di Canterbury, assenso che Thomas Becket non ha alcuna intenzione di concedere; Enrico rimedia facendo ufficializzare la successione dall’arcivescovo di York, a lui più fedele, ma Becket minaccia di lanciare sull’Inghilterra l’interdetto, una pena del diritto canonico che ha l’effetto, per l’epoca devastante, di impedire completamente o in larga parte l’accesso alle funzioni religiose. Enrico è dunque costretto a scendere a più miti consigli, ma nel 1170 Becket rincara la dose scomunicando tre dei più fedeli sottoposti del re; il sovrano invia in gran segreto quattro cavalieri ad arrestare l’arcivescovo, ma i quattro si fanno prendere troppo la mano e massacrano il porporato, in un atto che desta sgomento in tutta Europa.
Enrico è così costretto a fare atto di pentimento, ad inviare ingenti somme agli Stati crociati a e ad impegnarsi lui stesso a partire per la Terra Santa; lui riuscirà ad evitare tale incombente accampando continue scuse, mentre i quattro assassini di Becket, inizialmente scomunicati, saranno costretti a fare voto di difendere gli Stati crociati per un periodo di quattordici anni. Nel 1173, un nuovo problema mette a rischio il regno di Enrico: alcuni dei figli più grandi, fra cui l’erede al trono Enrico il Giovane, si ribellano apertamente contro di lui.
L’evento è noto fra gli storici come la Grande Rivolta e mette a serio rischio i domini del sovrano in particolare in Francia; nel 1174, tuttavia, il sovrano prevale ancora.
La rivolta, tuttavia, ha inevitabilmente guastato in modo irreparabile i rapporti fra Enrico ed alcuni dei suoi figli, nonché fra i fratelli
nel 1182 Enrico il Giovane si ribella di nuovo, ma poco tempo dopo cade ammalato e muore, portando alla fine della nuova rivolta. Enrico nomina così come nuovo erede l’altro figlio Riccardo; presto, per, i rapporti si deteriorano anche fra questi ultimi due e Riccardo si allea nientemeno che con il nuovo re francese Luigi Filippo contro il padre. Il conflitto che segue costringe Enrico a riconfermare Riccardo come erede ed a rendere omaggio al rivale francese.
Enrico, peraltro, in questo periodo soffre di una dolorosa ulcera che ne debilita seriamente la salute, fino a portarlo alla morte il 6 luglio 1189, all’età di 56 anni. Il figlio Riccardo si rivelerà in seguito un valido sovrano ed un guerriero particolarmente coraggioso, tanto da divenire universalmente noto come Riccardo Cuor di Leone.
Per quanto riguarda Enrico, se i contemporanei non lo amano particolarmente, gli storici in seguito lo hanno come detto riconosciuto come un sovrano estremamente abile sia come comandante militare sia come uomo di legge e di governo: in particolare, la sua attività di uniformazione degli usi e delle norme ha portato diversi storici a ritenere che Enrico II vada considerato fra i fondatori del cosiddetto sistema di common law, che ancora oggi caratterizza i paesi anglosassoni.
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