Ingiuria: come riconoscere e reagire questo illecito
Dopo aver parlato di Password, effetto Streisand e MEME, affrontiamo un nuovo illecito del cyberbullismo: l’ingiuria.
Torniamo ad approfondire la tematica legata al contrasto del bullismo e del cyberbullismo soffermandosi, in particolare, a riflettere sulle tipologie di azioni illecite che definiscono il fenomeno del cyberbullismo. L’art. 1 della Legge 29 maggio nr. 71 del 2017 – disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno cyberbullismo – inseriscono l’ingiuria tra le forme di azioni che definiscono questo fenomeno di messa in ridicolo cibernetico che dilaga tra i maggiori servizi delle informazioni rivolti ai giovanissimi.
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In particolare la norma per il contrasto mette l’accento sul fatto che è cyberbullismo qualunque forma di azione inserita in elenco tra le quali è compresa l’ingiuria.
Se ci fermiamo a riflettere su come punirlo, vediamo che questo illecito è inserito tra i delitti del codice penale e precisamente lo troviamo all’articolo 594 del citato codice. Per la precisione i delitti sono quegli illeciti penali che vengono puniti con sanzioni penali più gravi e per i quali è necessario che l’autore dell’illecito abbia volutamente – con dolo – messo in atto quella condotta per creare del danno alla sua vittima o cybervittima. Secondo le norme penali, l’ingiuria, una volta denunciata all’autorità giudiziaria dovrebbe dunque seguire l’iter del processo penale.
Purtroppo però con una norma specifica, ovvero il decreto legislativo nr. 7 del 2016, l’articolo 594 del codice penale è stato abrogato – ovvero l’ingiuria è stata considerata illecito non più di natura penale – e di conseguenza, questa ingiuria che viene menzionata nelle disposizioni a contrasto del fenomeno del cyberbullismo è diventata illecito di natura civile.
Ma cosa vuol dire?
In breve significa che non si seguirà un procedimento penale per la punizione del cyberbullo che ha messo in atto delle azioni ingiuriose ma che questi sarà punito dal giudice competente con una sanzione di natura amministrativa che corrisponde al pagamento di una sanzione pecuniaria – in sintesi, dovrà pagare una determinata somma decisa dal giudice oltre che a versare il corrispettivo del risarcimento del danno procurato alla cybervittima ma solo se quest’ultima lo chiede.
Questo non significa che non si debba andare a presentare una querela se si pensa di essere stati solamente ingiuriati anche perché nel complesso mondo cibernetico le azioni di bullismo elettronico spesso sono una pluralità di forme di molestia e messa in ridicolo della vittima che dovranno essere individuate nella loro natura di illecito dalle competenti forze dell’ordine. Comunque sia è importante che la vittima sia in grado di capire se l’azione che ha subito è un’ingiuria cibernetica. In particolare si tratta di ingiuria se l’azione è diretta a colpire la cybervittima – che deve percepire l’offesa – e se commessa con telefono cellulare o altre strumentazioni, mezzi e servizi elettronici.
Ma in sostanza cos’è l’ingiuria?
Ci si trova di fronte a questo illecito quando il post, il commento, l’immagine caricata e creata è diretta ad offendere l’onore e/o il decoro della cybervittima. Ricordiamo che si offende l’onore quando l’azione è diretta a colpire le qualità morali di quella determinata persona presa di mira e che si offende il decoro quando l’azione è rivolta a colpire il complesso di valori ed atteggiamenti tenuti dalla persona presa di mira all’interno del gruppo sociale.
Foto di Hatice EROL da Pixabay