Referendum Giustizia. I 6 quesiti con Irene Testa
Il referendum abrogativo ha come finalità abrogare, in toto o in parte, una legge o un atto avente forza di legge come il Decreto-legge e il Decreto legislativo.
È probabilmente lo strumento referendario più importante ed ha regole precise riguardo al numero di firme da raccogliere, in un certo lasso di tempo, autenticate, con l’organizzazione di un comitato promotore.
Indubbiamente su tutto il panorama politico c’è un movimento che ha fatto di questo strumento, di dialogo e democrazia, uno dei cardini della sua storia, è il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito. A giugno 2021, Maurizio Turco, Segretario e Irene Testa, Tesoriere del Partito Radicale, per sempre e per tutti il partito di Marco Pannella, insieme alla Lega e Matteo Salvini hanno depositato in Cassazione i sei quesiti sulla Giustizia.
Dal sito del comitato promotore è possibile conoscere le proposte di abrogazione nel dettaglio e Disputandum vi propone una conversazione con Irene Testa dove spiega come questo referendum riguarda tutti noi, che sia giustizia civile o penale. La trovate a fondo pagina.
La forza politica, data dalla collaborazione tra Partito Radicale e Lega, ha suscitato qualche mal di pancia, polemiche e indignazioni, spaccature e mormorii. Il partito di Torre Argentina non si presenta alle elezioni, dal 1989 non porta il simbolo nelle liste elettorali, ma ha sempre preferito occuparsi dei problemi con chi condivide la stessa battaglia ed è mosso dallo stesso obiettivo. Nel caso dei referendum giustizia dell’estate 2021, il compagno di viaggio sono la Lega e Matteo Salvini.
Si sono poi uniti Forza Italia, UDC, Fratelli d’Italia e Matteo Renzi ha aperto a Italia Viva
Altra posizione invece per Enrico Letta, segretario del Partito Democratico, che ha dichiarato “Io personalmente non firmo i referendum sulla giustizia. Ritengo che la via parlamentare sia quella giusta. Ma il Pd è un partito plurale e non una caserma: è possibile una scelta individuale”. Vien da chiedere al Segretario del PD come mai sulla via parlamentare non c’è nulla di simile ai sei quesiti del referendum. Per fortuna “i suoi” si sono sentiti liberi di firmare. Dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che dice di voler sottoscriverne solo tre a Massimiliano Smeriglio, europarlamentare, che li sceglie tutti e sei. La sua motivazione? “non lasciare la critica della mala giustizia nelle mani della destra, un compito politico preciso”.
Anche in questo caso molto volti noti ai banchetti. Rita Dalla Chiesa tra le prime e poi giornalisti e professionisti della comunicazione
Augusto Minzolini, Nicola Porro, Alessandro Sallusti, Francesco Storace, Maurizio Belpietro ma anche Paolo Del Debbio, Mario Giordano, Gaia Tortora e molti altri. A Roma ha firmato anche il Magistrato Nicoletta Matone, candidata allo scranno di vice di Enrico Michetti. Voce unica, che dice no, il MoVimento 5 Stelle.
Per Gianfranco Di Sarno, Membro della II Commissione (Giustizia) della Camera dei Deputati, intervistato da Lanfranco Palazzolo per Radio Radicale, i referendum non sono alla portata del cittadino.
In sostanza spiega che è apprezzabile l’impegno dei promotori, ma certe tematiche sono complesse e fuorvianti e non da discutere fuori dal parlamento. Forse intendeva che non sono facili da comprendere per chi non fa politica di mestiere, ma io non credo.
I cittadini italiani sono molto bravi a capire quello che li riguarda, specialmente se stravolge la vita o infila le mani in tasca.