Nelle origini del cyberbullismo
Oggi il fenomeno del cyberbullismo è ben noto in tutti i plessi scolastici che hanno l’obbligo normativo di attivare progetti per informare e contrastare il diffondersi di questi comportamenti illeciti.
Ma quando nasce il fenomeno del cyberbullismo? Prima di viaggiare nel tempo è doveroso fare una breve introduzione in merito ai nativi digitali. Con questo termine vengono identificate tutte quelle generazioni nate dopo gli anni 2000 che si trovano fin dai primi mesi di vita ad utilizzare con naturalezza e quotidianità diversi strumenti tecnologici.
A differenza degli immigranti digitali definiti da Mark Prensky – innovatore nel campo dell’apprendimento – come coloro che hanno dovuto imparare ad usare le tecnologie man mano inserite nel quotidiano, i nativi hanno dimestichezza con qualsiasi strumento tecnologico ed usano la rete come prolungamento di se stessi nel mondo virtuale. Si confrontano e comunicano con loro con un linguaggio molto espressivo e diretto capace di ferire e vessare con semplici simboli e lettere. La particolarità d’apprendimento del nativo digitale riguarda il doppio binario su cui si muove: da un lato il mondo digitale caratterizzato da poche regole, velocità e connessione continua e dall’atro il mondo fisico molto formale, denso di regole e molto più lento.
Il villaggio virtuale all’origine nasce senza delle regole precise portando gli utenti della rete a condividere nelle piattaforme online di tutto ed in modo incontrollato con la certezza di non essere puniti ne dalla comunità online ne dalla legge.
Questo porta al verificarsi di quel fenomeno che l’educatore canadese Bill Belsey nel 2002 definisce cyberbullyig
Questo fenomeno viene subito notato in molti paesi per via delle caratteristiche comuni e gli effetti devastanti prodotti a livello psicofisico sulle vittime. Sin dall’origine il cyberbullying viene descritto come quella forma di prevaricazione volontaria messa in atto nei confronti della medesima persona attuata attraverso azioni constanti e ripetute nel tempo con cui l’autore attraverso l’uso dello strumento tecnologico umilia e mette a disagio la vittima prescelta.
La forme di attacco vengono fatte attraverso tutti i sistemi di telecomunicazione con sms – mms – mail – chatroom – messaggistica istantanea – website a volte usati anche contemporaneamente per lanciare attacchi simultanei. Gli studiosi notano che il fenomeno può essere raggruppato per comportamento messo in atto ed individuano subito almeno sette tipologie di attacco riassumibili in Flamig – messaggi violenti e offensivi – Harassment – molestie – Denigration – denigrazioni – Impersonation – furto d’identità – Outing and Trickering – diffusione in rete di confidenze carpite con l’inganno – Doxing – diffusone di dati personali per fini malevoli – Esclusion – esclusione dai gruppi chat – e Stalking che prenderà poi la forma del reato del cyberstalking.
Prima dell’introduzione di regole volte al contrasto del cyberbullying
il comportamento lesivo veniva amplificato dalla condivisione fatta da parte dei bystander che in primo luogo non comprendevano cosa stesse accadendo ma soprattutto non si focalizzavano sulle conseguenze prodotte dal loro supporto alla divulgazione del contenuto lesivo operato per mezzo di discussioni e post inseriti con leggerezza e superficialità.
L’umiliazione che diventava un contenuto virale visualizzato da milioni e milioni di utenti genera a sua volta quelli che vengono definiti casi di cyberbullicide ovvero dopo azioni di autolesionismo che la vittima operava su se stessa per “addormentare” il dolore psicologico passava al suicidio poiché erroneamente convinta che nessuno sarebbe stato in grado di aiutarla. Ma quando l’opinione pubblica si interessa in modo attivo del problema? Purtroppo dopo i primi casi di cyberbullicide che avvenivano subito dopo la denuncia pubblica o mediatica delle continue vessazioni e umiliazioni subite dalle cybervittime.
A questo punto nascono in contemporanea più movimenti che chiedono a gran voce che il cyberbullying fosse riconosciuto come reato e come tale punito.
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