Social media: condivisore di disvalore?
Regressione social, Cyberspazio, Cyberbullismo, social media. Conosciamoli e riconosciamo il pericolo con LegalQuette.
L’innovazione tecnologica, che deriva dalla ICT (Infomation and Comunication Technology) ovvero la tecnologia dell’informazione e della comunicazione ha portato l’individuo ad interagire con quella parte delle rete conosciuta come Cyberspazio. Ciascuno di noi ha il proprio spazio all’interno di quel luogo-non luogo dove la digitalizzazione ci ha portato a creare il Villaggio Virtuale. Il concetto di villaggio virtuale è stato rappresentato degli autori del cartone animato Ralph Spacca Internet in una dimensione non ben definita dove i protagonisti vedono l’individuo che si materializza all’improvviso dal nulla ed inizia ad interagire con strutture, fare acquisiti o semplicemente chiacchierare con altri Avatar.
La figura dell’avatar con cui ci trasportiamo nel villaggio virtuale è ben nota nei videogiochi, ma in questo contesto è il riflesso della nostra identità in rete, l’aspetto con cui ci presentiamo agli altri per intrattenere relazioni sociali, che può assumere anche più forme e che prende vita quando facciamo il login ad un sito web o ad un’applicazione. Ovviamente al social spetta la parte più importante della vita online: la socialità dell’individuo. In effetti se volgiamo lo sguardo al passato possiamo notare che lo stesso Facebook nasce con l’intento di creare socialità tra gli studenti universitari e mantenere i contatti anche al termine del percorso di studi.
Ma l’evoluzione dei social porta a concentrasi sulla condivisione di se stessi e del quotidiano
tant’è che l’origine di Youtube si deve all’idea di uno dei suoi creatori di condividere attraverso la rete con parenti ed amici le esperienze vissute durante il suo viaggio. Riflettendo sulle idee che portano allo sviluppo dei social si può chiaramente dire che essi nascono con l’intento di mantenere vivi i contatti nonostante le distanze e condividere l’esperienza di vita. Da questo punto in poi il mercato delle App inizia a produrre applicazioni sempre più all’avanguardia capaci di rendere la comunicazione in rete sempre più efficace, agevolare la diffusione dei contatti e la conoscenza globale cercando di abbatte la solitudine che affligge l’individuo anche attraverso la realizzazione di social e community che portano un valore aggiunto anche attraverso al diffusione di conoscenze ed informazione.
Ma questa evoluzione positiva, come si trasforma in regressione social?
Perché inizia quel processo che rende il social un contenitore di odio, bruttezza e veicolo di diffusione di comportamenti illeciti? La risposta potrebbe avere vari punti di vista ma in questo caso la associo prevalentemente ad una distorsione che la rete ha prodotto a livello sociale. L’individuo che si iscrive ad un social ha l’impressione che il gestore non chieda nulla in cambio: si trova davanti alla possibilità di creare all’interno del villaggio virtuale l’immagine di se stesso che più gli va a genio attraverso la condivisione di contenuti che non sono sottoposti a controlli. Il contenuto postato crea a livello psicologico gratificazione o mortificazione a seconda che il feedback ricevuto dagli altri appartenenti alla community sia positivo o negativo.
La sensazione positiva viene ingigantita dalla consapevolezza che più utenti vedranno il contenuto, più ci sarà un ritorno gratificante. In questo preciso istante nasce la distorsione:
tanto più ci saranno commenti negativi tanto più il soggetto preso di mira proverà umiliazione e malessere. Ecco dunque che lo sfruttamento della velocità di divulgazione dei contenuti e la previsione di una immensa platea di spettatori genera disvalore sociale attraverso l’inserimento di contenuti inappropriati, inadeguati o inseriti con lo scopo di portare nocumento a qualcuno. In particolare ci si riferisce al bullismo cibernetico, spesso difficile da individuare se attuato nelle sue forme più subdole e sottili.
Nello spazio fisico, nella vita quotidiana la micro società quale una classe di studenti, un team di lavoro o un’aggregazione di persone intuisce le forme di bullismo che vengono perpetrate attraverso comportamenti vessatori costanti e ripetuti nel tempo spesso associati da un progressivo aumento di violenza ed aggressività. Il più delle volte i singoli scansano o evitano il problema fino a quando la bolla di silenzio si rompe e gli atti illeciti vengono alla luce. Ma nel social è difficile riconoscere le forme di bullismo anche perché meccanicamente abituati a condividere e commentare non ci si ferma ad osservare con attenzione il contenuto in rete che di solito a prima vista appare molto divertente e condivisibile ma che in realtà è stato appositamente creato con quella precisa forma per andare a colpire un individuo specifico.
A questo punto diventa opportuno osservare, fare attenzione alla tecnica cyberbulla di esclusione
che si manifesta attraverso il silenzio ripetuto e costante nei confronti della medesima persona o al linguaggio simbolico ed abbreviato che si utilizza nei commenti e che assume significati diversi a seconda che sia associato ad impressioni positive o negative. Bisogna sempre ricordare che ad ogni azione corrisponde una conseguenza e che con l’impegno di tutti la regressione del social a veicolo di condivisione di disvalore si può fermare attraverso la segnalazione dei contenuti lesivi e la consapevolezza del danno che si può provocare agli altri attraverso l’uso non consapevole di un social.
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