Cronaca

Quale inclusione nelle scuole?

Inclusione, ciclo inclusivo e Convenzione ONU  sui diritti per le persone con disabilità. Ne abbiamo parlato a Disabilità e Benessere.

Qualche anno fa, mio figlio Giacomo, ricevette un prestigioso premio territoriale, il Premio Carluccio Villa città di Busto Arsizio, che viene dato agli alunni di cicli conclusivi della scuola primaria e primaria di secondo grado degli Istituti della città. Il Premio viene conferito a quegli alunni che si sono distinti per senso del dovere, altruismo e solidarietà. La motivazione della candidatura proposta dalle insegnanti fu che Giacomo si era distinto per la sua disponibilità verso i compagni e si era dimostrato elemento fondamentale di unione e cooperazione all’interno della classe e dell’Istituto.

Rileggendo oggi queste poche righe e ripensando alla giornata della consegna del premio che fu per lui motivo di grande ansia, rifletto sul tema dell’inclusione scolastica su cosa voglia dire ed effettivamente e sul come si concretizza. Le linee tracciate dalla Convenzione ONU  sui diritti per le persone con disabilità del 2006 sottolineano l’importanza dell’inserimento della persona con disabilità nei processi educativi non in modo integrativo ma inclusivo.

Questo vuol dire che il servizio (in questo caso scolastico) deve chiedersi: Cosa vuoi fare? Quali sono le tue potenzialità e che difficoltà puoi trovare nel tuo percorso? In pratica deve mettere al centro la persona e non il suo deficit.

Il ciclio standardizzato però parte dalla condizione, cioè la domanda che si pone è: Cosa non funziona nella persona? L’apprendimento? La comunicazione? Il movimento? Capite bene che in un ciclo standardizzato le aspettative sono basse e legate al deficit che, talvolta, è insuperabile.

Il ciclo inclusivo invece si basa sulle capacità di azione e di scelta di una persona, restituendogli così l’indipendenza

Il ciclo inclusivo da voce alla persona disabile non come un processo da soddisfare per raggiungere degli obiettivi, ma come processo educativo di crescita. Inoltre la scuola dovrebbe essere preparatoria per affrontare il mondo del lavoro o il mondo universitario e di ricerca.

Anche in questo contesto il ciclo standardizzato risulta poco motivazionale ed efficace per spronare una vera capacità di scelta per una persona disabile. Molto spesso si tende ad infantilizzare la persona impedendogli di cogliere quelle possibilità che sono proprie del mondo adulto.

Il ciclo inclusivo invece afferma l’importanza dell’inserimento nei processi produttivi, universitari ed accademici delle persone disabili per creare multifattorialità e multi disciplinarietà. Quindi non rivendica protagonismo ma concretizza di fatto i Diritti oggetto della Convenzione Onu del 2006.

Ma quindi la scuola di mio figlio era inclusiva o no? 

Per alcuni aspetti si, lo era. E il riconoscimento dato a mio figlio per il suo altruismo e per il suo senso del dovere mi fa credere che alla base ci fosse la reale convinzione che Giacomo fosse un fattore aumentante le capacità della classe e non un deficit.

Per altri aspetti mi sono trovata di fronte al ciclo standardizzato classico che deve necessariamente articolare il processo educativo diverso per ragazzi disabili. La discrezionalità da parte dei docenti come traspare dalle Circolari Ministeriali sui BES mi fa capire che la Convenzione ONU del 2006 non sia ancora stata completamente recepita.

Per approfondimenti: Unicef, Inclusion Disability Studies, ANFFAS.

Emanuela Fatilli

Emanuela Fatilli nata a Busto Arsizio dove tutt'ora vive, nel 1973 é sposata e madre di due figli Giovanni e Giacomo. Lavora presso l'ospedale di Magenta dal 1996 in qualità di Tecnico di Radiologia. Ha pubblicato il suo primo libro, " La casa infestata che non c'era l'albergo aperto", nell'ottobre del 2018 per la casa editrice milanese "Excogita ". Da settembre 2019 collabora con la WebRadio SenzaBarcode come speaker e autore per il programma Disabilità e Benessere.

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