Cronaca

Virus, epidemia e vaccino

In caso di epidemia non bisogna farsi trovare impreparati come è successo con il Covid-19. Da Consumerismo info e podcast.

Le malattie infettive sono state per l’umanità, fino a pochi decenni fa, la causa principale di morte. In caso di epidemia le uniche misure efficaci erano e sono il distanziamento sociale e la quarantena. Un medico palermitano Giovanni Filippo Ingrassia, vissuto nel cinquecento, scriveva che la peste va combattuta con l’oro, fuoco e forca. L’oro stava ad indicare le ingenti quantità di denaro da investire per mitigare le conseguenze economiche dovute al blocco delle attività produttive. Il fuoco doveva servire per bruciare e igienizzare tutte le proprietà degli appestati. La forca era necessaria per punire tutti coloro che non rispettavano le prescrizioni dell’isolamento.

Solo fra il XVIII e XIX secolo le politiche di sanità pubblica e le migliorate condizioni igieniche unite alla comprensione dei fattori di rischio di come le malattie infettive si propagassero ha fatto si che la mortalità si riducesse in maniera drastica, almeno in Occidente.

Sono state le migliorate condizioni igieniche e le misure sociali prima dei vaccini e dei farmaci a migliorare in maniera radicale la situazione. La grande illusione negli anni 50 del ventesimo secolo che l’umanità avesse vinto la sua battaglia contro le malattie infettive faceva dire ad un premio Nobel MacFarlane Burnet che “le malattie infettive saranno sempre con noi ma stanno diventando relativamente senza importanza come principale causa di morte”. Tutto questo ottimismo derivava dal fatto che sul finire degli anni cinquanta del secolo scorso vennero prodotti due vaccini molto efficaci. Nel corso di una generazione era stata eradicata la malaria, la difterite e la meningite, sia in Europa che negli Stati Uniti, insieme al tetano e alla meningite ed era stata ridotta la morbilità e la mortalità per la tubercolosi grazie all’uso degli antibiotici.

In caso di epidemia è importante non farsi trovare impreparati come purtroppo è successo con la pandemia da Covid-19

Ci siamo accorti purtroppo a caro prezzo che mancavano le cose più elementari per far fronte ad una epidemia: dai disinfettanti ai dispositivi di protezione individuale: mascherine, occhiali, tute protettive, farmaci salvavita. Non solo mancavano ma la produzione era stata trasferita in India ed in Cina che trovandosi nella stessa situazione hanno ridotto in maniera drammatica le esportazioni. Una riflessione seria dopo la pandemia andrà fatta sulla delocalizzazione di cosi importanti presidi per la salute. I soli criteri economici non possono essere sufficienti.

Altra considerazione importantissima riguarda la ricerca di terapie e vaccini. Ci siamo accorti (non tutti per la verità) che la ricerca su vaccini e antibiotici è totalmente in mano alle grandi aziende farmaceutiche, le quali ritenendo il settore degli anti infettivi poco remunerativo hanno investito pochissimo negli ultimi due decenni.

Come rivelato dal Guardian in un rapporto del Corporate Europe Observatory l’IMI (Innonative Medicine Initiative), un organismo della comunità europea il cui consiglio di amministrazione è composto da funzionari della commissione e della federazione europea dell’industria farmaceutica (EFPIA) per la ricerca d’avanguardia, propose nel 2017 un piano per accelerare lo sviluppo e l’approvazione dei vaccini che è stato respinto dalle grandi aziende farmaceutiche probabilmente perché ritenuto poco remunerativo.

L’industria farmaceutica investe soprattutto in malattie o fattori di rischio cronici come diabete e ipercolesterolemia , eradicare una malattia probabilmente non conviene. Un esempio, un farmaco per fare abbassare il colesterolo il Lipitor ha realizzato nel corso di pochi anni un fatturato di 150 miliardi di dollari. Adesso che il farmaco ha perso la copertura brevettuale molte aziende hanno immesso sul mercato una nuova categoria di farmaci a prezzi elevatissimi, semplicemente si cerca di replicare il successo economico dei vecchi farmaci per il colesterolo degli anni novanta.

Per gli antibiotici: sappiamo da parecchi anni che l’antibiotico resistenza causa migliaia di morti

ma le aziende farmaceutiche che hanno fatturato miliardi di dollari adesso se ne disinteressano, come se il problema non li riguardasse riducendo in maniera significativa i budget per la ricerca su questo settore. È ovvio che l’industria farmaceutica come tutte le imprese deve produrre utili ma di fronte agli enormi guadagni prodotti in un settore come la salute sarebbe etico che una parte di questi fossero investiti in settori che potremmo chiamare “ricerca sociale” come vaccini e antibiotici. Abbiamo visto in questi giorni di pandemia come gli amministratori delegati di big pharma stanno stringendo accordi commerciali con i vari organismi statali affinché il probabile vaccino venga distribuito per prima a chi può pagarlo bene.

La borsa che è molto sensibile ha già fatto registrare un aumento record per le azioni e a spingere in su il valore dei titoli sono i miliardi che i vari governi stanno elargendo alle aziende del settore. D’altronde su come sarebbero andate le cose lo aveva fatto capire bene all’inizio della pandemia l’amministratore delegato di Sanofi, una delle più importanti aziende del settore, che all’inizio della pandemia dichiarava che gli Stati Uniti avrebbero ottenuto per primi il vaccino su cui l’azienda stava lavorando perché ha investito nell’assunzione del rischio legato alla ricerca. Naturalmente è seguita una rapida marcia indietro ma almeno ha avuto l’onestà intellettuale di dirci come stanno le cose.

Quello che andrebbe fatto è che importanti settori della ricerca nel campo della salute andrebbero finanziati e gestite da organismi sovranazionali, come già succede nel campo della fisica con il CERN, affinché le ricadute della ricerca siano un patrimonio di tutti

Se è possibile per la fisica dovrebbe essere anche possibile per la salute, che è il bene più importante.

Papa Francesco sulla pandemia ricorda l’opzione preferenziale per i poveri del Vangelo e chiede che nella ricerca della cura per il coronavirus siano considerate anche le fasce di chi ha più bisogno. “Sarebbe triste – dice – se nel vaccino per il Covid-19 si desse la priorità ai più ricchi”. La pandemia, afferma, è una crisi dalla quale dobbiamo “uscire migliori”. Ci auguriamo che venga ascoltato.

A cura di Consumerismo

Dominique Marino responsabile Pharma Consumerismo No profit

SenzaBarcode Redazione

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