Marco Aurelio a Ti racconto una storia
Marco Aurelio nasce a Roma il 26 aprile del 121: adottato molto giovane da Antonino Pio, si dimostra riluttante all’idea di governare un giorno l’Impero, ma si rivela anche un abile politico ed un uomo rispettoso e parsimonioso.
Viene educato dai migliori maestri dell’Impero e diviene esperto sa di diritto, sia soprattutto di filosofia, che sarà il suo vero amore, al punto da comporre un’opera nota come “A se stesso” tuttora studiata. Nel 145 Marco Aurelio sposa la quattordicenne Faustina, figlia di Antonino Pio, con la quale resterà per trentuno anni ed avrà ben quattordici figli, anche se solo alcuni arriveranno all’età adulta, fra cui il futuro Imperatore Commodo. Il matrimonio cementa ancora di più la sua unione con la famiglia imperiale e, di fatto, Marco fa da vice ad Antonino Pio assieme a Lucio Vero, coadiuvandolo nelle sue attività.
Antonino Pio muore nel 161, dopo aver ufficialmente passato i suoi poteri a Marco Aurelio. Il Senato intende riconoscere soltanto a lui i poteri imperiali, ma Marco, memore delle volontà di Adriano e di Antonino Pio, pretende che anche il fratellastro Lucio Vero gli sia associato come co-imperatore. I due Imperatori si dimostrano subito molto generosi sia con i soldati, cui raddoppiano la tipica donazione di ascesa al trono, sia con il popolo. Si dimostrano inoltre molto tolleranti, collaborativi con il Senato e convinti assertori della meritocrazia.
A livello giuridico, Marco Aurelio istituisce innanzitutto l’anagrafe
per regolarizzare le nascite a Roma; combatte duramente l’usura; proibisce i processi pubblici in assenza di prove certe, proibisce la tortura per i cittadini liberi e la consente per gli schiavi solo in assenza di altre prove schiaccianti. Inoltre, assieme a Lucio, una sorta di primitiva teoria dell’infermità mentale per scagionare alcuni colpevoli di crimini.
Per quanto riguarda la politica estera, Marco Aurelio è un convinto assertore della pace, un po’ come il suo predecessore Antonino Pio Tuttavia, per buona parte del suo principato, si trova costretto a combattere guerre anche estremamente cruente. Nel 162, ad esempio, si rende necessaria una nuova guerra con i Parti, affidata a Lucio Vero ed ai suoi abili generali, fra cui Gaio Avidio Cassio. Il conflitto viene vinto, ma le legioni riportano con sé dall’Oriente un morbo, noto come peste antonina, che imperverserà in tutto l’Impero per un ventennio, mietendo circa cinque milioni di vittime. Nel 169, peraltro, forse proprio a causa della malattia, muore Lucio Vero, lasciando il solo Marco Aurelio a governare l’Impero.
Nel 170, i popoli germanici Quadi e Marcomanni invadono l’Impero
arrivano fino in Veneto, dove devastano Aquileia; l’evento fa una grande impressione a Roma, giacché erano quasi tre secoli che un esercito germanico non penetrava in Italia. Nello stesso momento, i Costoboci invadono la Mesia, odierna Bulgaria, riuscendo ad arrivare fino in Grecia; infine, scoppia una rivolta anche in Egitto. Marco Aurelio trascorre quindi un estenuante quinquennio a recuperare il terreno perduto e poi a contrattaccare; per quanto riguarda l’Egitto, la rivolta viene repressa nel sangue dallo stesso Avidio Cassio, che però nel 175 si ribella di fronte alla falsa notizia della morte di Marco; costui viene ucciso dai suoi stessi soldati, ma Marco si trova costretto a recarsi in Oriente per assicurarsi la tenuta delle provincie ribelli.
Nel 178, l’Imperatore è costretto ancora una volta a tornare sul fronte germanico a causa di una nuova rivolta dei Marcomanni; la guerra sembra volgere al meglio per Roma, che potrebbe assestare al nemico un colpo decisivo, ma l’Imperatore, da sempre di salute cagionevole, si ammala, forse anche lui di peste.
Sentendosi avvicinare la fine, Marco Aurelio chiama innanzitutto il figlio al proprio capezzale, chiedendogli di concludere in modo onorevole il conflitto; poi chiama a sé alcuni amici, conversando allegramente con loro ed incitandoli a non affliggersi della sua morte. Infine, accettando la propria malattia in modo stoico, rifiuta di bere e mangiare, fino a spegnersi nel sonno il 17 marzo del 180. All’età di cinquantanove anni.