La tutela del consumatore, parte 2
Continuiamo con il dare alcune fondamentali informazioni per cercare di tutelare il più possibile, tramite la conoscenza della Legge, clienti e consumatori.
Nel nostro appuntamento del 1° luglio all’AssiCuraTime, per WebRadio SenzaBarcode, abbiamo trattato della tutela del consumatore soffermandoci sul contratto per adesione, sulle clausole vessatorie e sulle clausole vessatorie assicurative. Oggi, 8 luglio, invece porremo un focus sulle azioni che le associazioni dei consumatori e degli utenti possono promuovere e su cosa si intenda per pratiche commerciali scorrette oltre che, ma successivamente, sulla vendita a distanza ed infine sul reclamo IVASS.
Partiamo dunque dalle associazioni dei consumatori e degli utenti. Il Codice del Consumo definisce che le associazioni dei consumatori e degli utenti sono formazioni sociali che hanno per scopo statutario esclusivo la tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori o degli utenti appunto.
Le associazioni dei consumatori e degli utenti, le associazioni rappresentative dei professionisti e delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura possono promuovere l’azione inibitoria collettiva. In pratica, le associazioni che la svolgono possono portare in giudizio il professionista o l’associazione di professionisti che utilizzano o che raccomandano l’utilizzo di condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente che inibisca l’uso delle condizioni di cui sia accertata l’abusività, qualora ricorrano motivi di urgenza.
Recentemente la Corte di Giustizia Europea, con la sentenza C-243/2008
ha rafforzato la tutela dei consumatori che sottoscrivono un contratto con un professionista, fornendo un’interpretazione della direttiva 93/13/CEE più favorevole al privato cittadino, sottolineando l’obbligo del giudice di non applicare la clausola considerata abusiva, pur se il consumatore (per non averla compresa o per mancanza di mezzi) non l’ha impugnata. La possibilità per il giudice di potersi pronunciare d’ufficio, in assenza di impugnazione, serve a colmare lo svantaggio del consumatore.
Il Codice del Consumo, nell’art. 37 bis, ha previsto un’ulteriore tutela amministrativa contro la vessatorietà delle clausole difatti l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è competente dell’accertamento in ordine alla vessatorietà delle clausole inserite nei contratti tra professionisti e consumatori che si concludono proprio mediante adesioni a condizioni generali di contratto o con la sottoscrizione di moduli, modelli o formulari istituiti da una sola parte. L’Autorità potrà accedere, previo accordo con le associazioni di categoria, d’ufficio o su denuncia dei consumatori.
Il provvedimento dell’Autorità che accerta e dichiara la vessatorietà della clausola è diffuso mediante la pubblicazione su un’apposita sezione del sito Internet istituzionale dell’Autorità, sul sito dell’operatore autore della clausola ritenuta vessatoria e mediante ogni altro mezzo ritenuto opportuno in relazione all’esigenza di informare compiutamente i consumatori.
È inoltre previsto dal provvedimento la facoltà per le imprese di interpellare preventivamente l’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato
in merito alla vessatorietà delle clausole che intendono utilizzare nei propri rapporti commerciali con i consumatori a cura e a spese dell’operatore. È fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario sulla validità delle clausole vessatorie e sul risarcimento del danno.
Il Decreto Legge n. 1, del 24 gennaio 2012, sulle liberalizzazioni conferma la possibilità di tutelare con una class action i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione omogenea. L’atto di adesione ad un’azione di classe, che può avvenire altresì tramite Pec e fax, deve essere depositato anche nella cancelleria del tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in cui ha sede l’impresa. La domanda si propone con atto di citazione e il tribunale tratterà la causa in composizione collegiale. Se il tribunale accoglie la domanda, pronuncia sentenza di condanna con cui liquida le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all’azione oppure stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione.
E, a proposito di pratiche commerciali scorrette, il Codice del Consumo prevede inoltre obblighi generali informativi dei confronti dei consumatori il cui contenuto essenziale è riferito alla sicurezza, composizione e qualità dei prodotti. Sempre il Codice del Consumo sancisce poi, come accennato sopra, il divieto delle già citate pratiche commerciali scorrette ovvero di quelle pratiche contrarie alla diligenza professionale, false o idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che esse raggiungono o al quale sono dirette o del mercato medio di un gruppo qualora le pratiche commerciali siano indirizzate a un determinato gruppo di consumatori. Sono scorrette le pratiche commerciali ingannevoli o aggressive.
La pratica commerciale ingannevole
contiene informazioni non rispondenti al vero; induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio e lo porta, o è tale da portarlo, ad assumere una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso; omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in quel contesto per arrivare ad una decisione consapevole di natura commerciale e lo indirizza, o è idonea ad indirizzarlo, ad assumere una decisione commerciale per la quale diversamente non avrebbe mai optato.
Differente è la pratica commerciale aggressiva, che si consuma mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento. Codesta pratica limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
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