Nerone, l’imperatore folle
È l’archetipo dell’imperatore pazzo e tirannico: stiamo ovviamente parlando di Nerone, colui che secondo la tradizione diede fuoco a Roma
Il persecutore dei cristiani, che di rimando lo considerarono l’Anticristo. Quanto c’è di vero in queste accuse? Scopriamolo assieme. Nerone nasce col nome di Lucio Domizio Enobarbo ad Anzio, il 15 dicembre 1937, figlio di Agrippina Minore e Gneo Domizio Enobarbo. La madre, incredibilmente ambiziosa, dopo la morte del marito sposa l’imperatore Claudio, ma nel 54 lo fa molto probabilmente avvelenare per affrettare l’ascesa al trono del giovane Lucio: egli diventa così imperatore all’età di appena diciassette anni, col nome di Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico. Il primo periodo di principato di Nerone, a dire il vero, non è così terribile: il giovane infatti è sì sottoposto alla nefasta influenza della madre, ma anche a quella di Seneca, suo precettore e si avvale dell’aiuto di un prefetto del pretorio abile e capace, Sesto Afranio Burro.
Tutto ciò non dura molto: Nerone, infatti, pur sposato con Claudia Ottavia, si invaghisce della bellissima Poppea: la donna, è anche ambiziosa e nel 59, di tale ambizione fa le spese persino Agrippina: la donna viene infatti accusata di congiura contro Nerone, che per questo motivo la fa mettere a morte.
Nel 62, Nerone costringe Poppea a divorziare dal marito e ne fa la propria sposa ufficiale
Nello stesso anno, forse avvelenato, muore il prefetto del pretorio, Burro ed al suo posto subentra Gaio Ofonio Tigellino, che instaura un regime autoritario. Tuttavia, Nerone ha ancora tempo di fare qualcosa di buono ed attua una importante riforma monetaria, riorganizzando il peso e la quantità di metallo nelle monete, per far fronte sia alle ingenti spese che ha in mente per abbellire Roma, sia alla generale crisi finanziaria che da alcuni anni affligge l’Impero.
Nel 64, purtroppo, si verifica l’episodio per il quale Nerone passerà maggiormente ai posteri: Roma viene infatti quasi interamente distrutta da un impressionante incendio e l’imperatore, che in realtà si comporta in modo inappuntabile per gestire l’emergenza, viene accusato dalla vox populi di essere l’autore del rogo. Anche per sviare le voci che lo vogliono colpevole, Nerone accusa dell’incendio i cristiani, mandandone a morte centinaia nei modi più crudeli. Non è mai stata chiarita la reale responsabilità del grande incendio di Roma e, per la verità, non è neppure certo che il rogo sia stato di origine dolosa.
Vera o no che sia questa ricostruzione, la crudeltà con cui Nerone perseguita i cristiani e, in generale, gli oppositori politici diviene leggendaria. Nel 65, infatti, dopo la scoperta di una congiura contro di lui guidata da Gaio Calpurnio Pisone, Nerone emana una serie di leggi contro il tradimento ed attua una vendetta spietata contro i congiurati: di questa nuova ondata di massacri fa le spese anche l’antico maestro e precettore di Nerone, Seneca, che viene costretto a tagliarsi le vene.
La fine dell’imperatore, però, è ormai prossima
nel 68, infatti, il governatore della Gallia Lugdunense, Gaio Giulio Vindice, si ribella all’autorità imperiale; Nerone ordina una nuova ondata repressiva e, fra gli altri, ordina il suicidio a Servio Sulpicio Galba, generale che aveva servito sotto Claudio. Galba, tuttavia, si rifiuta e dichiara di rispondere solo all’autorità del Senato e del popolo romano. Nerone viene insomma abbandonato da tutti e, il 9 giugno del 68, all’età di appena trentuno anni, si suicida, pronunciando secondo Svetonio la frase Qualis artifex pereo, vale a dire “Quale artista muore con me”. Viene condannato alla damnatio memoriae e cremato, con le sue ceneri deposte nel sepolcro di famiglia, che si trova dove attualmente sorge la basilica di Santa Maria del Popolo. Con lui termina anche la dinastia giulio-claudia, iniziata con Ottaviano o, secondo alcuni, già con Giulio Cesare.
Da notare che l’odio verso di lui perdurerà al punto che, nel dodicesimo secolo, Papa Pasquale II, credendo di riconoscere in lui l’Anticristo, ne farà disperdere le ceneri, sostenendo poi di averle traslate in un luogo lungo la Via Cassia, che ancora oggi prende il nome di Tomba di Nerone.
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