Di Simone Sartini, Periferie a sud dell’anima
SenzaBarcode, qualche settimana fa, ha ricevuto un messaggio in cui è stato chiesto se ci occupiamo anche di recensioni musicali …Certo, ogni mercoledì alle ore 15 c’è Nella stanza dell’altro, la Musica!
Decidiamo quindi di dare spazio al cantante che si è proposto con slancio, le risposte all’intervista più parche e vogliamo restituirvele fedeli alla personalità dell’ospite. Il protagonista del 17 giugno è quindi Simone Sartini, con l’album dal titolo Periferie a sud dell’anima uscito il giorno del suo compleanno.
Simone Sartini è un cantautore romano, nato il 4 marzo 1984. Premiato al MEI nel 2015 come miglior voce emergente, nel 2012 fonda il progetto IL Sinfonico e L’Improbabile Orchestra. Gruppo, questo, attualmente non più in attività ma con il quale Sartini ha girato l’Italia nell’arco dei successivi sei anni, con oltre 100 concerti.
Diversi altresì i live in apertura a Bandabardò, 99 Posse, Modena City Ramblers, Dubioza kolektiv, kuTso, Il Muro del Canto, Roberto Billi, Area765, Meganoidi, Edoardo Bennato, Marlene Kuntz.
Nel 2018 il primo singolo intitolato RuGiada, con cui Simone partecipa al talent Dallo Stornello al Rap su Rai Radio Live, classificandosi secondo.
Ed è poi appunto del 2020 il disco d’esordio Periferie a sud dell’anima, nel quale racconta storie di emarginati dalla società. Undici tracce in cui “tocca temi come lo sfruttamento della prostituzione, il vagabondaggio, l’influenza negativa delle mafie nella quotidianità dei luoghi dove si ramificano, la violenza psicologica che molti uomini subiscono dalle donne”. Sartini afferma di trattare queste tematiche senza mai sfociare nella negatività, ma sempre lasciando uno spiraglio di luce tra le righe dei testi.
Un album dunque che, per il cantautore, inequivocabilmente parla di minoranze e per tale ragione la scelta della presenza della cover La città vecchia di Fabrizio De Andrè, che pur il romano dichiara essere stato uno degli autori che più ha saputo rappresentarle.
Simone Sartini inoltre decide di inoltrarci un comunicato stampa inerente il suo nuovo videoclip Un pò de fresco. Si legge, e si può vedere su, come sia stato girato in uno dei luoghi più incantevoli della Sabina ovvero l’Eremo di San Bartolomeo, con Roma come sfondo.
A due anni di distanza dall’ultimo video, torna ancora una volta con un bianco e nero con l’intenzione di regalare immagini suggestive e profonde
Esso è stato girato a costo zero, con l’utilizzo di due droni guidati da Lorenzo Latini e Valerio Micheli. Quest’ultimo si è dopo occupato anche del montaggio e della post produzione insieme all’artista indipendente.
Il brano, contenuto nell’ultimo lavoro discografico Periferie a sud dell’anima, pone un focus su un uomo violentato psicologicamente dalla moglie. Simone sceglie nuovamente il dialetto romanesco, come per il suo precedente singolo RuGiada, con lo scopo di rendere il tutto maggiormente incisivo e penetrante.
Ecco, a seguire, l’intervista.
Simone, come ti descriveresti?
Penso di poter affermare di essere una persona curiosa, attenta, silenziosa (ma non sempre), riflessiva e questi lati del mio carattere forse, di riflesso, influenzano anche il mio lato artistico.
L’album Periferie a sud dell’anima pone una lente su argomenti sociali. Quello che racconti è un tuo vissuto quale protagonista, esperito in prima persona?
Diciamo che in realtà sono tutte storie di altre persone con le quali, bene o male, sono entrato in contatto. Ciò che dopo ho fatto è stato raccontare dal mio punto di vista e, perché no, aggiungere qualche parere personale.
Pensi che un artista debba esprimere i suoi personali sentimenti incentrati al proprio mondo interiore, o piuttosto sull’impegno sociale? Ti chiedo questo perché, per esempio, inesausto è il dibattito tra chi considera Poesia quella metafisica/esistenziale e chi quella sociale.
Io penso che possano valere entrambe le cose. L’una non esclude l’altra, l’importante per me è scrivere canzoni che non mi vergognerò di cantare quando avrò 80 anni e questo al di là che affrontino temi sociali o un vissuto intimo, personale.
C’è una traccia, nell’album Periferie a sud dell’anima, a cui sei particolarmente legato e perché?
È una delle domande più difficili alle quali rispondere, e che mi fanno spesso. Sono legato a tutto l’album poiché mi riporta indietro nel tempo, a un periodo per me molto importante cioè quando suonavo con Il Sinfonico e L’improbabile Orchestra, con i quali ho realizzato appunto l’album.
Come definiresti la Musica – e come definiresti la tua?
Oggi vuoi mettermi in difficoltà, vero? Scherzo ovviamente. La Musica la definirei una stupenda malattia di cui vale la pena ammalarsi, la mia musica invece preferisco che siano gli altri a descriverla.
Come sei arrivato a Simone cantante: sei un figlio d’arte, o qualcuno ti ha scoperto inaspettatamente, od ancora hai seguito un tuo percorso ben preciso?
Non sono un figlio d’arte. Ho scoperto la musica da solo ad 8 anni circa e da allora non ho mai smesso né di ascoltarla né di suonarla. Come sono arrivato ad oggi, che di anni ne ho 36, non lo so. Posso dirti che ci ho messo tanta passione e da qualche periodo a questa parte non mi preoccupo più di quello che la musica è disposta a darmi o di avere qualcosa indietro per il tempo che le ho dedicato e dedico. Scrivo per me e per il piacere di farlo, ma soprattutto quando ho qualcosa da dire. Il resto è in più.
Quali i tuoi imminenti e prossimi passi?
Sicuramente tanta voglia di tornare dal vivo, ed altrettanta in studio in quanto ho già un nuovo progetto legato a brani inediti che spero di registrare dopo l’estate.
[spreaker type=player resource=”episode_id=29266261″ width=”100%” height=”200px” theme=”light” playlist=”false” playlist-continuous=”false” autoplay=”false” live-autoplay=”false” chapters-image=”true” episode-image-position=”right” hide-logo=”false” hide-likes=”false” hide-comments=”false” hide-sharing=”false” hide-download=”true”]