Arte e Cultura

L’adattamento è sempre possibile?

No. Ci sono molte opinioni diverse riguardo la complicata arte dell’adattamento.

Spesso rimaniamo delusi dopo aver visto la trasposizione sullo schermo di un libro che abbiamo amato e viceversa.

In questo articolo, voglio parlarvi di uno dei film più discussi nell’ambito dell’ adattamento: Watchmen, una storia che, per quasi due decenni, è stata definita inadattabile per lo schermo. Pubblicato nel 1986, Watchmen è una mini-serie a fumetti creata da Alan Moore e Dave Gibbons. Gli autori hanno pensato alla storia cercando di mettere in mostra tutto ciò di cui il medium fumettistico è capace. Il loro obiettivo era concentrarsi su quegli elementi che hanno reso i fumetti un’unica e speciale forma d’arte.

Per esempio, hanno costruito tutta l’opera sulla base di un layout di nove vignette a pagine permettendo una narrativa unica ma, allo stesso tempo, molto precisa ed “ampia”. Nel fumetto, molto spesso, per mostrare l’epicità di uno scontro Moore e Gibbson hanno usato persino una pagina intera.

Nel film, invece, Snyder (il regista) ha cercato di ricreare il medesimo effetto con l’utilizzo dello slow motion.

Quindi abbiamo capito che questa particolare scelta di design nel accostare le vignette è parte integrante della narrazione

Persino il font nei dialoghi è parte essenziale dello storytelling. Le parole scritte nei ballons di Rorschach, prima del suo crollo psicologico, sono chiare e comprensibili ma dopo il suo “incidente” le lettere sono “sporche” e non facili da leggere. Queste rispecchiano il suo stato mentale. Tutti questi sono dettagli minimi, ma che danno molto peso alla storia ed al personaggio.

Watchmen non si basa sulla storia raccontata ma  su come ci viene presentata. È un fumetto che sfrutta l’arte del comic. Non importa quanto sia fedele a livello visivo l’adattamento, la pellicola non riuscirà mai a rappresentare questa essenziale peculiarità dell’opera originale.

I protagonisti sono dei degenerati con un’infinita serie di problemi da affrontare. Questa è un ribaltamento della classica figura del supereroe. Oggi vediamo spesso opere che de-costruiscono la figura dell’eroe (vedi Logan, Glass e Lo chiamavano Jeeg Robot) ma nel 1986 era una novità assoluta. “Watchmen” ha preso il realismo che Marvel ha introdotto con personaggi come Spiderman (supereroi che devono affrontare non solo super cattivi ma anche i problemi quotidiani) andando ancora più a fondo. L’opera tratta tematiche come la paranoia, la pazzia, lo stupro, la guerra, l’uso delle armi atomiche.

Questi eroi hanno a che fare con i reali problemi del nostro mondo e gli autori hanno utilizzato la struttura del fumetto per dare ulteriore profondità alla storia senza mai scadere nelle classiche scene esagerate e brutali.

Il film, invece, sembra glorificare la violenza

Scene riassunte in una vignetta sola diventano sequenze ricche di sangue ed effetti speciali. La violenza non è così prelevante nel fumetto ma quando viene usata, sopratutto nelle splash page, colpiscono il lettore e creano delle fortissime emozioni. È tutto ben bilanciato; invece nella pellicola, dopo pochi minuti, si è esausti dell’uso massiccio del pulp che perde completamente di significato nella narrazione.

Nel bene e nel male, che sia fedele o meno, un adattamento dovrebbe essere un supplemento, un qualcosa in più ma non deve mai essere un sostituto dell’opera originale. E, almeno in questo, Snyder ha centrato l’obiettivo ammettendo in svariate interviste di non voler sostituire l’originale graphic novel ma di farla conoscere al grande pubblico.

Giovanni Salomi

Giovanni Salomi è nato a Busto Arsizio il 12 febbraio 2001. Studente di cinema presso il DAMS di Bologna. Fin da piccolo appassionato di cinema, ha sempre studiato con interesse tutto ciò che sta davanti e dietro le quinte. Dal 2016 al 2020, scrive presso il portale “L’Informazione” con la rubrica “Il film del fine settimana”, nella sezione “Conoscere e sapere”, in cui presenta le pellicole del momento. Per tre anni, co-presenta un programma radiofonico, “B-Movie”, insieme a Giovanni Castiglioni, dove approfondisce e discute le ultime novità nel mondo del cinema. Per svariati anni ha collaborato con i cinema della zona di Busto Arsizio (ha lavorato presso il Teatro Sociale ed il Cinema Lux).

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