Sanremo da voce alle fragilità
Il primo artista a parlare di fragilità al Festival di Sanremo fu Simone Cristicchi nel 2007 con “Ti regalerò una rosa”. Fu premiato da critica e pubblico e quell’anno sbancò l’Ariston.
La musica è l’arte empatica che suscita emozioni e brividi. Chi di noi non ha una canzone del cuore? Chi di noi non associa delle canzoni a dei particolari momenti della propria vita? Come una colonna sonora, silenziosa al mondo, ma prsente nella nostra mente, in modo indelebile. Quest’anno, alla 70 esima edizione del Festival di Sanremo, tanti sono stati gli artisti che hanno voluto dare voce a chi una voce non ce l’ha o forse non viene ascoltato. Si è parlato di fragilità, di paura del giudizio degli altri, di solitudine, della mente e di aiuto reciproco.
Francesco Gabbani descrive l’amore come unica ancora possibile laddove il mondo spesso abbandona (Perchè sei tu che mi fai stare bene quando io sto male e viceversa).
Le Vibrazioni raccontano della difficoltà di guardarsi allo specchio e non riconoscersi come socialmente accettabile (La mia dose giornaliera Di sorrisi ricambiati Per potermi poi sentire Socialmente in pace).
Un mondo che ci vuole omologati, tutti con il Barcode, anche a Sanremo e nella musica?
Anche il brano di Bugo e Morgan affronta la difficoltà di relazionarsi in un mondo che vuole tutti omologati ed uguali (Così nessuno capiva che dicevo Vestirmi male e andare sempre in crisi. E invece faccio sorrisi ad ogni scemo). Qui addirittura viene usata la parola “scemo” che rappresenta l’unanimità delle persone che, considerandosi migliori, infliggono questo appellattivo quando han paura di guardare aldilà.
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