Cronaca

Lucariello per rappare la legalità ad Airola

La musica come valvola di sfogo per i giovani detenuti: l’impegno del rapper Lucariello per dare voce a chi non ha voce

L’impegno sociale del rap per dare voce a chi non ha voce. È l’obiettivo del laboratorio di “Scrittura e produzione musicale” diretto dal rapper Lucariello nell’istituto penale per minorenni di Airola (Benevento). Un’iniziativa che si inserisce all’interno del progetto “Il palcoscenico della legalità”, nato da un’idea di Giulia Minoli e approdato lo scorso 15 ottobre a Vienna in occasione della IX Conferenza sulla Convenzione Onu di Palermo contro la criminalità organizzata. Intervistato da Gnews, il quotidiano online del ministero della Giustizia, Lucariello spiega il senso dell’iniziativa.

“Si tratta di un progetto che portiamo avanti da anni, in cui il linguaggio artistico, e in particolar modo quello teatrale e musicale, diventa punto di riferimento per laboratori che si sviluppano nelle scuole, nelle associazioni e, soprattutto, negli istituti detentivi per minori. A tal proposito, abbiamo avviato una collaborazione con l’Ipm di Airola, in provincia di Benevento, con l’intento di creare un rapporto diretto con i ragazzi per produrre qualcosa di artisticamente valido: due anni fa, insieme a Raiz, abbiamo dato la voce a Puortame là fore, canzone scritta completamente dai ragazzi dopo un laboratorio dedicato proprio a questo. E’ stata una bella soddisfazione”.

Un’iniziativa che il rapper ha voluto estendere anche al cinema

“Proprio così, quest’anno stiamo portando avanti un lavoro sia sulla sceneggiatura con la scrittura del testo per un cortometraggio già in fase di produzione, sia sulla musica con la realizzazione delle canzoni che poi comporranno la colonna sonora del corto. Una di queste canzoni, Al posto mio, è già uscita e si può trovare su Spotify e Youtube: il pezzo è scritto e cantato da me e da Alì, un giovane detenuto italiano di origini tunisine.

La produzione della canzone si è basata su un lavoro di empatia con le emozioni vissute da ragazzi: nonostante la giovane età, parliamo di persone che si trovano già a vivere la dura realtà del carcere e a dovere scontare pene, in alcuni casi anche piuttosto lunghe, che sono il risultato di un tipo di vita che li ha portati in una precisa direzione. Eppure, torno a ribadirlo, parliamo di ragazzini: concetto che cerchiamo di trasmettere anche nel cortometraggio.

La storia è il frutto di una leggenda sull’istituto di Airola, nato su una struttura che un tempo era un monastero, secondo cui sporadicamente i ragazzi detenuti avrebbero avvistato una suora misteriosa chiedendo alle guardie, per la paura, di passare la notte con loro”.

SenzaBarcode Redazione

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