Arte e Cultura

La gatta Cenerentola, in vicolo del Campanile

Debutto nazionale dal 5 al 17 febbraio al Teatro Le Salette per “la gatta cenerentola”.

Un debutto nazionale da non perdere al Teatro Le Salette. Dal 5 al 17 febbraio approda sul palcoscenico di vicolo del Campanile 14 “La gatta cenerentola”, con la drammaturgia di Francesca e Natale Barreca, da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile per la regia di Stefano Maria Palmitessa. In scena Alfonso Di Vito, Elisabetta Giacobbe, Alessandro Laureti, Massimiliano Calabrese, Mary Fotia, Viola Creti, Sergio Dolzi, Filippo Di Lorenzo, Imma D’Orsi, Francesca Bertocchini, musiche di Valerio Gallo Curcio, costumi di Mary Fotia, coreografie di Mara Palmitessa, assistente alla regia Filippo Di Lorenzo, Trucco Accademia di trucco professionale, Compagnia Paltò sbiancato.

“La Gatta Cenerentola è un grande classico

afferma il regista Stefano Palmitessa – e come ogni classico che si rispetti costruisce collegamenti tra realtà e fantasia. Un racconto dove i protagonisti sono le stesse maschere che si possono incontrare oggi a passeggio tra i vicoli di Napoli. Cenerentola, il principe, le sorellastre, personaggi essenziali della fiaba di Giambattista Basile, modello di genere tra letteratura barocca e cultura popolare. Un testo comico per la conversazione nelle corti, punteggiato da personaggi goffi ma tratteggiati con eleganza e un tocco di raffinatezza che aveva per fine il riso.

Gli elementi fondamentali della favola tratta da Lo cunto de li cunti (1634) sono rispettati: un’infelice e triste storia con il lieto fine dove la curiosità, l’eros spingono verso nuove conoscenze e voglia di scoperte. Gli istinti naturali e le pulsioni, che da sempre attraggono gli uomini e le donne, ruotano creando una pittura dove, la scarpetta, l’amore, l’invidia sono svelate da una “lingua di popolo” di pancia e senza filtri: la lingua napoletana”.

“Nascondere per rivelare. Il copione de “La Gatta Cenerentola”

prosegue il regista Stefano Maria Palmitessa – è stato da me affrontato tenendo presente la “storia” che il mio percorso artistico ha prodotto sino a questo momento. Perché ho ritenuto importante definire fin da principio questo collegamento? Negli anni sono andato, sempre più, convincendomi che lo spazio sia un elemento decisivo nella ricerca registica che mi riguarda. Uno spazio particolare con un boccascena ridotto, gli attori visibili quasi sempre a mezzo busto in una rappresentazione che trova evidenti precedenti nel cosiddetto “Teatro dei burattini”. Un luogo quindi che potesse consentirmi di poter fare ricorso a interventi a sorpresa.

L’azione è quindi limitata a quello che da dietro un grande pannello può essere “rubato”, sbirciato dal pubblico privato della canonica visuale a tutto campo. Possono essere visti solo frammenti corporei o brevi azioni compiute dagli attori sul palco. Una selezione del materiale fantastico ed espressivo/drammaturgico rigorosa affinché qualunque frame avvenga davanti agli occhi dello spettatore possa avere il risalto di un’epifania.

Si tratta in altre parole di capovolgere l’abituale visione

La scenografia non rappresenta più l’ambiente sociale in cui prendono vita i personaggi dell’azione drammatica né un fondale decorativo della stessa. Essa deve, con la mimica e una recitazione venata di “sense of grotesque”, interpretare il dramma, sottolinearne i significati segreti. Una ricerca aperta al dubbio e ai problemi dell’espressione; per certi aspetti così antica e così rivoluzionaria nella sua tensione all’essenziale sia della parola sia del gesto”.

SenzaBarcode Redazione

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