Fine dell’egemonia culturale della sinistra
Prima ancora della sconfitta politica, la sinistra patisce la fine della sua egemonia culturale. Non più capaci di essere punto di riferimento sono condannati ad inseguire.
C’è stato un lungo periodo, durato almeno cinque decenni, in cui la sinistra italiana in tutte le sue articolazioni era il più grande rifugio politico per gli intellettuali e gli artisti. Il mondo della cultura trovava in uno dei tanti porti della sinistra un rifugio per poter assumere il ruolo di avanguardia intellettuale e culturale ed esprimere in tal modo un’alternativa alle classi dirigenti conservatrici. Avanguardie progressiste in una società che aveva bisogno come il pane di battaglie che ancorassero la società italiana a quella delle maggiori democrazie occidentali. Ma anche grimaldello per coloro che al c.d. mondo occidentale non volevano appartenere.
Non c’era aspetto della nostra società che non fosse affrontato in modo alternativo. Dal mondo del lavoro al ruolo della famiglia, dalla sessualità alla giustizia, ogni aspetto soffocante, ogni ingiustizia palese che fosse retaggio di un Paese fortemente restio al progresso trovava come contraltare una risposta. Certamente il mondo diviso in blocchi favoriva furbescamente questo modo di procedere. Alla società borghese dell’ordine costituito si contrapponeva la fantasia al potere. Successivamente dalla fantasia alcuni passarono ai fatti: chi conquistando grandi traguardi, chi traducendo la fantasia in piombo. Dal mondo del lavoro alla famiglia gli anni ’70 del secolo scorso hanno consentito al Paese di fare passi da gigante..
A questo fermento culturale ed intellettuale negli anni si è sostituita la posizione di rendita
Quando per moda, potere, soldi o vizio la cultura e gli intellettuali stanno solo da una parte si tende ad adagiarsi, a pensare che tanto quel fermento non sopisce, non si spegne, che è in grado di autoalimentarsi. I protagonisti del passato invecchiavano con la loro fantasia trasformata in pallosa retorica mentre nessun ricambio generazionale era visibile all’orizzonte. Pochi i politici e gli intellettuali che seppero leggere senza gabbia ideologica la trasformazione del nostro Paese, mentre per tutti gli altri iniziava il declino. Oggi, che istanze diverse si fanno avanti, la sinistra ha consumato tutto quello che era rimasto in eredità, e non gli rimane che inseguire gli avversari di sempre ma sul loro terreno.
Eppure bastava uno sforzo non certo proibitivo per capire che di quel retaggio non fosse rimasto nulla e che si sarebbe pagato il conto. Chi consuma e non produce rimane a mani vuote. E il conto lo si è pagato col mondo del lavoro, con la situazione della giustizia, con l’ambiguità europeista, con le nuove generazioni. Un conto salato per non aver saputo avere un’idea, un progetto, nessuna convinzione ma solo convenienze. Oggi si assiste sbigottiti alla guerra sui migranti, l’ultima ridotta su cui dare battaglia. Trascinati su terreno altrui, terra di cui in un passato recente in tanti ci si era lavati le mani ben volentieri.