Le carceri sarde, il Partito Radicale e le leggi fantasma di Irene Testa
Si è conclusa da pochi giorni la CarovanaXlaGiustizia del Partito Radicale in Sardegna. Irene Testa, membro della presidenza dell’unico Partito Nonviolento Transnazionale e Transpartito, fa il punto della situazione.
La #CarovanaXlaGiustizia ha concluso il suo ultimo tour. La terza tappa, dopo la Calabria e la Sicilia, è stata in Sardegna dove, sempre insieme alle Camere Penali, sono state raccolte le firme per la proposta di legge del’UCPI per la separazione delle carriere tra Pubblico Ministero e Giudice. La delegazione era composta da I membri della Presidenza del Partito Radicale Matteo Angioli, Antonio Cerrone, Irene Testa e Maurizio Turco, già deputato. Flavio del Soldato, segretario della Consulta delle Regioni per gli Stati Uniti d’Europa e Franco Giacomelli.
Irene Testa, anche Segretario dell’associazione Radicale Il Detenuto Ignoto, ci ha inviato un resoconto delle situazione delle carceri sarde e spiega la situazione.
“Tra le varie problematiche inerenti le carceri sarde, dovute alla tipologia degli istituti, alla particolarità di alcuni detenuti e alla carenza di direttori e di personale, c’è una questione evidentemente emblematica sulla quale da anni le istituzioni regionali della Sardegna latitano, ed è quella che riguarda la mancata nomina di un Garante Regionale dei Diritti dei detenuti.
Eppure, la legge regionale del 7 febbraio 2011, n. 7, parla chiaro, e prevede testualmente un “sistema integrato di interventi a favore dei soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria e istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”.
Ancora più chiaramente, nella stessa legge si evidenzia che “la Regione Autonoma della Sardegna, nell’ambito delle proprie competenze, concorre a tutelare e assicurare il rispetto dei diritti e della dignità delle persone adulte e dei minori presenti negli istituti penitenziari o ammessi a misure alternative e sostitutive della detenzione”
Oltre a fissare gli obiettivi e gli attori (il Garante), la legge, particolarmente ben articolata nelle intenzioni, prevede anche gli strumenti finanziari per raggiungere lo scopo, ovvero 2 milioni annui in totale.
Ebbene, dall’ormai lontano 2011 questa legge regionale non ha mai trovato applicazione. Non si sa per qual motivo, né se si preveda di darne attuazione in un futuro prossimo o remoto.
Eppure, tra gli scopi voluti dal Legislatore, non ce n’è uno che possa essere sottovalutato o, ancora peggio, dimenticato. Di estrema importanza sarebbero infatti per l’amministrazione penitenziaria, le disposizioni in merito ad assistenza sanitaria, formazione e istruzione negli istituti della Regione.
In più, la legge non poteva essere più precisa sui tempi della sua applicazione. L’art. 20 dispone, infatti: “Le spese previste per l’attuazione della presente legge gravano sulla UPB S05.03.009 del bilancio della Regione per gli anni 2011-2013 e su quelle corrispondenti dei bilanci per gli anni successivi”.
Inoltre, la norma è stata altrettanto precisa riguardo alla nomina del Garante
Recita, infatti, l’art. 13, punto 2): “Il bando per la presentazione delle domande è pubblicato a cura del Presidente del Consiglio regionale sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS), in sede di prima applicazione, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge e successivamente entro trenta giorni dalla scadenza del mandato”.
Data ormai a più di due anni (maggio 2015) il tentativo del Coordinatore della Presidenza del Partito Radicale, Maurizio Turco, che con una comunicazione al Presidente della Regione Francesco Pigliaru sollecitava ad impegnare il Consiglio sull’attuazione della legge, ma ancora una risposta non è arrivata”.
In Sardegna esiste sono una REMS – Residenza Esecuzione Misure di Sicurezza – con soli 16 posti letto, specifica ancora Irene Testa, “hanno chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari e li hanno trasferiti nelle galere dove non possono essere assistiti a dovere” ed i malati vengono assistiti in cella.