Cronaca

X Giornata Mondiale delle Malattie Rare

La tecnica, scoperta dai premi Nobel Fire e Mello, ha trovato impiego nella lotta alle malattie rare e oggi sono diversi i trial clinici in fase II e III.

Amiloidosi ereditaria legata alla transtiretina (ATTR), porfirie, emofilia, ipercolesterolemia familiare e alcune patologie complemento mediate come l’emoglobinuria parossistica notturna sono tra le patologie che nei prossimi anni potrebbero avere delle nuove ed efficaci terapie grazie a nuovi approcci terapeutici basati sulla tecnica dell’RNA interference (RNAi). Questo è quanto emerso nell’ambito di un incontro organizzato dall’Osservatorio Malattie Rare (OMAR) in occasione della X Giornata Mondiale delle Malattie Rare, che si celebra oggi e il cui slogan per il 2017 è ‘con la ricerca le possibilità sono infinite’.

L’incontro è stato dunque l’occasione per passare al vaglio non solo le importanti conquiste fatte fino ad oggi, le ultime delle quali certamente riguardano i grandi progressi nel settore della terapia genica, ma anche le prospettive concrete che si possono individuare in un orizzonte non lontano.

Era il 2006 quando due ricercatori americani, Andrew Fire e Craig Mello, ricevettero il premio Nobel per i loro studi sull’RNA interference (RNAi), meccanismo mediante il quale si può interferire, e dunque anche spegnere, l’espressione dei geni.

La loro scoperta era avvenuta nel 1998: oggi, a quasi 20 anni di distanza, questo nuovo approccio rappresenta una prospettiva terapeutica concreta in diverse malattie rare di origine genetica.  “Negli ultimi decenni per le malattie rare ci sono stati importanti cambiamenti. – ha spiegato il prof. Danilo Norata, Professore di Farmacologia al Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università degli studi di Milano che spiega quale percorso ha portato a queste novità – Inizialmente, la scarsa conoscenza dei meccanismi molecolari alla base della malattia portava a curare i sintomi utilizzando farmaci inizialmente sviluppati per altri scopi.

Poi abbiamo compreso come alcune malattie rare siano la conseguenza di mutazioni che portano a perdere la funzione di una proteina oppure guadagnare una funzione aberrante e questo ha indirizzato la ricerca verso la realizzazione di approcci farmacologici mirati (target therapy). Identificata la proteina bersaglio, si mettono a punto strategie biotecnologiche innovative per ripristinare l’attività della proteina, come gene therapy o enzyme replacement therapy, oppure mirate a bloccare l’espressione o l’attività della proteina aberrante attraverso il silenziamento genico”.

Quest’ultimo è proprio il caso della RNA interference. Attualmente, una delle principali società impiegate nello studio di terapie di RNA interference (RNAi) è la statunitense Alnylam Pharmaceuticals, da poco attiva anche in Italia.

“Da qui al 2020 – ha spiegato dal direttore generale di Alnylam Italia, il dott. Massimo Bertelli – abbiamo intenzione di completare la sperimentazione per tre diverse malattie rare nelle quali ancora oggi ci sono diversi bisogni insoddisfatti.

La prima ad avere una risposta grazie all’RNAi potrebbe essere una rara forma di Amiloidosi ereditaria denominata hATTR, causata da un difetto genetico che produce una proteina difettosa – la transtiretina – che si deposita così in diversi tessuti come nervi, cuore e tratto gastro intestinale causando danni che col tempo riducono la sopravvivenza dei pazienti. Nel mondo ci sono 50mila pazienti affetti da questa malattia e in Italia se ne stimano poco più di 500. Abbiamo in fase finale di studio una molecola (patisiran): durante la seconda metà dell’anno avremo i risultati e, se confermeranno quelli di fase II, consentiranno di depositare il dossier alle autorità regolatorie europee ed americane. In Italia sono presenti 3 centri che fanno questa sperimentazione e alcuni pazienti italiani sono già trattati con questo farmaco”.

Nei prossimi anni l’azienda attende anche i risultati di fitusiran, una molecola per l’emofilia, per la quale quest’anno si avviano gli studi della fase III, e di givosiran, terapia per la porfiria acuta epatica, un’altra rara patologia in cui i bisogni dei pazienti sono ancora largamente insoddisfatti: anche per questa molecola sono in avvio gli studi di fase III nel 2017.

A confermare la concretezza di questo nuovo approccio terapeutico è stato il prof. Giuseppe Vita

ordinario di neurologia, a capo dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia e Malattie Neuromuscolari del Policlinico G. Martino di Messina, struttura nella quale è integrato il centro clinico Nemo Sud che soffermandosi in particolare sulla Polineuropatia Amiloide Familiare – una delle manifestazioni dell’Amiloidosi ATTR – ha spiegato:

“se negli anni ’80 e ’90 di questa patologia poco si parlava, oggi il livello di interesse e di ricerca è enormemente cresciuto. La prima grande svolta è arrivata quando si sono resi possibili i trapianti di cuore e fegato, una chance per i pazienti ma molto invasivo. Quindi, si sono ricercate opzioni farmacologiche: un primo farmaco è stato approvato nel 2011 e viene ancora usato, ma non tutti i pazienti possono usarlo.

Le nuove speranze sono ora riposte in una terapia basata sulla tecnica dell’RNAi, in patisiran: il nostro centro è uno tra quelli in Italia che lo stanno sperimentando. Non possiamo ancora esprimerci sui risultati della fase III, perché ancora in corso, ma i risultati della fase II, della durata 24 mesi sono positivi: i partecipanti in due anni non hanno avuto progressione di malattia e in alcuni è stato anche rilevato un miglioramento della neuropatia, sia funzionale sia morfologico, una cosa che è possibile controllare verificando la densità delle fibre nervose attraverso una biopsia cutanea”.

SenzaBarcode Redazione

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