Negozio in affiliazione, ma attenzione al franchising pirata
Il tasso di mortalità dei negozi in franchising minore del 33% di quelli tradizionali. Le 5 regole per evitare contratti capestro e truffe
Aprire un negozio in franchising è meno rischioso che aprire un negozio tradizionale. Lo conferma un nuovo studio del Centro Studi del Salone Franchising Milano che sottolinea come il tasso di mortalità dei negozi in affiliazione sia minore del 33% di quelli tradizionali nel periodo 2011-2014 (basato su dati Unioncamere, Confimprese, Assofranchising).
La formula del franchising riduce il fattore rischio da parte degli affiliati perché si aderisce ad una rete commerciale consolidata che fornisce ai nuovi commercianti i prodotti, il know how, la formazione e il marketing, abbassando la quota di capitale necessaria ad avviare il negozio.
Sono oltre mezzo milione gli italiani che ogni anno si avvicinano alla realtà del franchising, tramite i web specializzati o fiere come il Salone Franchising Milano (organizzato da Rds e Fiera Milano dal 3 al 5 novembre in Fieramilanocity), visitato nel 2015 da 15 mila potenziali franchisee. E il comparto cresce anno dopo anno con oltre 51 mila negozi e centri servizi aperti in affiliazione, per un fatturato totale di 23 miliardi di euro.
Attenzione però al fenomeno del franchising pirata
cioè a quelle imprese che si infiltrano nel comparto per far firmare ai nuovi affiliati contratti capestro, o che organizzano vere e proprie truffe. L’esempio più classico, secondo il Centro Studi Salone Franchising Milano, è quello di imprese che vogliono svuotare i propri magazzini di prodotti invendibili che finiscono sugli scaffali di qualche nuovo negozio in affiliazione: il franchisee finisce col trovarsi con la merce invenduta e il denaro da pagare all’impresa disonesta.
Oppure imprese che lanciano sistemi franchising senza averli adeguatamene testati, con una struttura organizzativa e un piano di business inadeguati. Le truffe vere e proprie, per fortuna sempre più rare, sono quelle in cui il franchisee paga la quota di ingresso nel sistema di affiliazione, ma poi l’impresa si dilegua ed i prodotti da vendere non arrivano mai.
Il Centro Studi SFM ha elaborato le 5 regole fondamentali per mettersi in proprio ed evitare il franchising pirata:
1. Reputazione. Informarsi sulla affidabilità della impresa franchisor: è conosciuta nell’ambiente? Quali sono i suoi bilanci, la sua struttura organizzativa, i programmi di formazione per l’affiliato, il marketing aziendale, le sue competenze? Meglio visitare la sua struttura, parlare con i referenti più volte e verificare tutto direttamente.
2. Business plan. È necessario che il franchisor presenti uno studio di fattibilità sulla zona in cui si pensa di aprire il negozio e sia definita l’esclusiva di zona. Il franchisee, a sua volta deve verificare se il suo business plan sia prudenzialmente sostenibile sia in termini economici che finanziari, cioè che disponga anche delle risorse necessarie come capitale proprio.
3. Contratto. Il contratto deve avere una durata sufficiente ad ammortizzare gli investimenti, generalmente non inferiore a 3 anni e deve specificare l’ammontare dell’investimento iniziale e del diritto d’ingresso, oltre l’importo e le modalità di calcolo e pagamento delle royalties.
4. Legge franchising. La proposta del franchisor rispetta i requisiti della legge sul franchising? Per legge si hanno 30 giorni per sottoscrivere il contratto, deve essere possibile visionare il bilancio degli ultimi 3 anni del franchisor, la descrizione del marchio registrato, la lista degli affiliati esistenti.
5. Non da soli. Consultarsi sempre con un commercialista, un avvocato o un esperto delle associazioni di categoria prima di firmare un contratto.
Un libro e-book su come entrare nel mondo del franchising senza correre rischi sarà presentato il 4 novembre 2016 nella Franchising School del 31° Salone Franchising Milano.