Matrimoni gay. Il marito di mio figlio in scena. Ad agosto nella realtà
Matrimoni gay. Al Village di Roma è andato in scena “Il marito di mio figlio”, deliziosa commedia di Daniele Falleri sul tema.
I giovani George & Michael sono decisi ad andare all’estero per convolare a nozze. Con il consueto imbarazzo imposto dalla società incivile, decidono di informare i rispettivi e ignari genitori. Questi si rivelano immediatamente poco inclini ad accettare l’idea dei matrimoni gay, consueto sinonimo di diversità. O forse sono troppo presi a tener celata la propria. Il timore di vedersi specchiati nei “difetti” altrui li condiziona. E, prevedibilmente, li porta ad essere più aggressivi. Di quali diversità e difetti stiamo parlando? I vizi, i segreti o, semplicemente, le passioni che fanno da sottotesto alla commedia sono la normale espressione del libero arbitrio della natura umana. E alla fine, quel che resta, come in questo caso, è sempre un’ode all’amore. Che non ha sesso, non ha età, non ha tabù. E, ad essere sinceri, non accetta neanche i vincoli prescritti da un matrimonio.
Ritmo e comicità
Il tema dei matrimoni gay poteva essere affrontato in tanti modi. Quello più efficace lo ha scelto proprio Daniele Falleri. La partitura dell’autore e regista tiene il ritmo. “Il marito di mio figlio” si fa ad ogni scena sempre più incalzante. Poi, specialmente con il ricorso a brevi flashback, diventa anche intimista. Con sensibilità esplora il volto più vero, sotto le maschere delle convenzioni. La scrittura è quasi sempre brillante, con trovate comiche intelligenti e dosate.
I sette attori
Complici e validi interpreti di queste intenzioni registiche sono stati i sette attori. Eva Grimaldi conferma una maturità artistica che le consente di abbinare gioiosamente fascino e simpatia. Andrea Roncato ha messo a disposizione del suo personaggio, refrattario ai matrimoni gay, una verve certamente familiare, ma in questo caso più che opportuna. Pia Engleberth interpreta con molta cura la deliziosa moglie zoppa e cornuta alla quale il destino ha comicamente ingrigito sia l’aspetto che l’anima. Bravi Ludovico Fremont e Andrea Standardi: la giovane coppia sarà costretta, dal rimescolamento dei generi e delle parti, a rivedere infine la solidità della loro scelta iniziale. Uno degli elementi di “necessario disturbo”, poiché risolutivo, è ben interpretato dalla giovane Roberta Garzia. Un complimento a parte lo faccio alla prestazione dell’altro papà di scena, interpretato da Pietro De Silva. Il suo personaggio ha fatto il suo ingresso in sordina. Si è tenuto volutamente in ombra, per poi compiere un decollo attoriale verticale. Dal punto di vista tecnico è stato davvero molto bravo.
Complimenti a tutti dunque, e non potrebbe essere altrimenti quando una commedia funziona. Il teatro è musica, è ritmo. Ogni attore è uno strumento e fa parte di un’orchestra. Quello che giunge al pubblico è sempre l’ensemble. E nell’orchestra di attori diretta da Falleri hanno suonato tutti bene.
Costumi di Adele Bargilli. Musiche di Marco Schiavone. Le scene “circolari “di Alessandro Chiti hanno trovato l’elegante trait d’union con i personaggi, grazie ad alcuni degli abiti indossati da Eva Grimaldi: versioni perfettamente integrate del “Cerchio” della nostra brava stilista Sabrina Attiani.
Una commedia testimone di un cambiamento epocale
Questo sulla scena. Intanto, nel mondo reale, i giudici hanno in questi giorni stabilito che i matrimoni gay potranno essere celebrati in Italia già a Ferragosto.
Ai ringraziamenti l’autore ci ha tenuto a precisare che sarà ben lieto di aggiornare alcune battute del copione. Infatti quelle relative alla necessità di sposarsi all’estero sono divenute in queste ore finalmente anacronistiche.