Marco Masoni Il Multiforme (Paesaggi catartici e operette morali)
Se da ragazzi avete amato i Pink Floyd, Il Banco del Mutuo Soccorso, la PFM, le canzoni di Lucio Battisti e tutto il rock anni 70, allora non potete assolutamente perdere Il Multiforme di Marco Masoni.
Pisano, classe 73’, e alle spalle una passione viscerale per tutti quei pezzi che hanno fatto la storia del rock , come traspare immediatamente dall’ascolto di questo cd. Le sonorità infatti sono quelle tipiche degli anni 70, col suono del basso profondo e diretto, con quella timbrica immediatamente riconoscibile che ci fa fare subito un salto indietro nel tempo. Già nella copertina sono presenti molti personaggi illustri di quegli anni d’oro della musica, protagonisti di quel rock “vero”, quello che si ascoltava in quel periodo permeato dal sapore di cantine, di sale prova, di interminabili giornate passate a casa di amici a suonare, di live dove si dava tutto per un ristretto pubblico magari di pochi amici, e dove la Musica era sempre in primo piano, senza filtri, diretta, palpabile.
Il primo pezzo, “Tutti in colonna (La vita non è)”, ricorda il sound di Lucio Battisti e potrebbe essere stato inserito in un album di 40 anni fa, ritmo incisivo e testo che denuncia l’uniformità di pensiero e i controsensi dei giorni odierni, oltre alla scomparsa della capacità di sognare che spesso caratterizza l’età adulta; si passa subito dopo a sonorità più costruite, con “Parte I – Riti sul vuoto”, nella quale ad un inizio lineare fa seguito un’escalation di cambi di tempo in pieno stile progressive: “Parte II – Visioni in celebrazione” , davvero convincente specie nei passaggi di batteria. Qui siamo in piena enfasi Floydiana, con inserimenti di flauto che valorizzano davvero il brano. Atmosfera magica per “Perdersi”, ove anche qui ad echi Floydiani si accostano passaggi vibranti che lasciano libero spazio all’immaginazione, il pezzo più bello dell’album, secondo me. La traccia successiva ci riporta su ritmi più sostenuti e cantabili, con un testo che cita la “misteriosa perfezione di certi pezzi degli anni 60 e 70”, e come non concordare con Marco Masoni?
Più avanti nell’album, protagoniste di fatti di cronaca inquietanti, narrati su un tappeto ritmico incalzante, sono alcune pecore (da notare che l’album inizia con un belato), forse una metafora dei giorni nostri nella quale Marco Masoni vede un disfacimento dei valori di una volta e un “suicidio di massa” dal punto di vista emotivo? Interpretazione personale forse dovuta all’ascolto del testo di “Sa domo de su re”, critica alla società odierna nella quale forse, come già detto, per Masoni, si è perso il coraggio di sognare. Chissà, ad ognuno la propria interpretazione. Si continua con “Predoni”, forse il pezzo che, almeno per il mio gusto, meno impressiona. Ottimo rock/blues, ma non all’altezza di altre tracce. “Il treno temporale” affronta invece il tema della morte, un pezzo che ci lascia spazio per vagare coi nostri pensieri sulle domande fondamentali alternando un ritmo di marcia a ponti bellissimi tra piano e chitarre che urlano l’ineluttabilità della vita. Dopo aver parlato con Bob Dylan, del quale ci riporta alcuni pensieri “Mi ha detto Bob Dylan”, Masoni ci lascia con una piccola gemma, l’altro pezzo che prediligo nell’album: “Theodore il poeta”, una vera poesia in note, con un solo finale di flauto che porta lontano…
Piccola nota: il sound dell’album, ancor più che in studio, per sua natura, sarebbe valorizzato al massimo sul palco, intriso com’è di vibrazioni tattili senza orpelli o intrusioni elettroniche. Ma aspettate a sollevare la puntina -e si, perché Masoni ha scelto di far uscire questo suo lavoro anche in vinile, in edizione limitata, scelta azzeccatissima- perché alla fine ci sono ancora piccoli incisi da ascoltare con quello stato d’animo che permea l’intero album, magari davanti ad un buon bicchiere di vino e due casse vintage per goderne appieno le sfumature.