Ultimi giorni per la mostra I vestiti dei sogni
È aperta fino a domenica 22 marzo al Museo di Roma Palazzo Braschi, la mostra I vestiti dei sogni dedicata all’eccellenza italiana dei costumi per il cinema.
Sabato 21 e domenica 22 marzo apertura prolungata fino alle ore 22. Riceviamo e pubblichiamo
Orario straordinario per l’ultimo week-end di apertura della mostra I vestiti dei sogni. Sabato 21 e domenica 22 marzo sarà possibile visitare la mostra fino alle ore 22 (ultimo ingresso ore 21). Inoltre, sabato 21 marzo alle ore 16.30 è in programma un laboratorio per i più piccoli per conoscere a fondo il mestiere del costumista di cinema (prenotazione obbligatoria allo 06 39 72 81 86)-
I vestiti dei sogni è promossa da Roma Capitale Assessorato Cultura e Turismo – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura e realizzata dalla Cineteca di Bologna ed Equa di Camilla Morabito.
Un’eccellenza italiana. Un’arte nell’arte. Quella dei costumi, quella degli artisti e degli artigiani che hanno fatto grande il cinema, italiano e internazionale. Dalle dive del muto, quando il cinema italiano, già agli albori, primeggiava nel mondo, a La grande bellezza, capace di ridare al nostro cinema un nuovo Oscar.
Da Lyda Borelli – protagonista e autrice in Rapsodia satanica di scelte impareggiabili per vesti che hanno determinato un intero immaginario estetico – a Toni Servillo, emblema di un eclettismo contemporaneo manifestato anche attraverso quei tagli e quei colori di abiti già divenuti ovunque un cult.
Ma gli Oscar sono anche quelli del caposcuola Piero Tosi (alla carriera, nel 2013) e Danilo Donati (nel 1969 per Romeo e Giulietta di Zeffirelli e nel 1977 per Il Casanova di Fellini), di Milena Canonero (ben quattro, il primo con Stanley Kubrick per Barry Lyndon, poi per Momenti di gloria, per Marie Antoniette di Sofia Coppola e ora per Grand Budapest Hotel di Wes Anderson), di Gabriella Pescucci (al lavoro con Martin Scorsese per L’età dell’innocenza), figure che ci guideranno alla scoperta di una mostra che vuole superare lo stereotipo della galleria di abiti, per far emergere il senso di una scuola, di una tradizione artigiana italiana che ha fatto grande il cinema, quella dei disegnatori dei costumi e di chi poi li ha realizzati, case come Tirelli costumi, Annamode, Costumi d’Arte, Devalle, Farani, Maison Gattinoni, The One, Sartoria Cesare Attolini e gli atelier Pieroni, Rocchetti, Pompei.
Con un progetto di allestimento luci affidato a Luca Bigazzi, tra i più apprezzati direttori della fotografia del panorama contemporaneo, e realizzato da Viabizzuno, I vestiti dei sogni raccoglie oltre 100 abiti originali, decine di bozzetti e una selezione di oggetti, tra i quali spicca l’unicum della pressa che un maestro come Danilo Donati costruì per foggiare i costumi del Satyricon di Federico Fellini.
Un doppio percorso immaginato, da un lato, lungo l’arco cronologico di un secolo, le cui tappe sono segnate dai costumisti (Caramba, Vittorio Nino Novarese, Gino Carlo Sensani, Piero Gherardi, Maria de Matteis, Piero Tosi, Danilo Donati, Gabriella Pescucci, Maurizio Millenotti, Milena Canonero, Pier Luigi Pizzi, Gitt Magrini); dall’altro lato, alla ricerca del lavoro del costumista in capolavori della storia del cinema che grazie ai loro abiti sono impressi nella memoria di generazioni e generazioni: ritroviamo lavoro del costumista (per Matrimonio all’italiana di Vittorio De Sica), Danilo Donati (per Il Casanova di Federico Fellini e Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini); e poi Giulio Coltellacci per La decima vittima di Elio Petri; Franco Carretti per Giù la testa di Sergio Leone; Gianna Gissi per Il marchese del Grillo di Mario Monicelli; Ugo Pericoli per Pane, amore e fantasia di Luigi Comencini; Lina Nerli Taviani per Habemus Papam di Nanni Moretti; fino alle recentissime invenzioni di Daniela Ciancio per La grande bellezza di Paolo Sorrentino; Ursula Patzak per Il giovane favoloso di Mario Martone e, in anteprima, Massimo Cantini Parrini per il prossimo film di Matteo Garrone, Il racconto dei racconti.
“I vestiti dei sogni – racconta il direttore della Cineteca di Bologna e curatore della mostra Gian Luca Farinelli – è divisa in due parti: percorso principale e collezione permanente. Quest’ultima è la parte più libera, in cui abbiamo scelto di collocare i costumi in un dialogo ispirato ai dipinti esposti nella collezione di Palazzo Braschi. Tra gli abiti, quelli di un film che si è appena finito di girare: i costumi realizzati da Massimo Cantini Parrini per il nuovo film di Matteo Garrone, Il racconto dei racconti. Un’opera che ancora deve vedere la luce dello schermo, e i cui abiti ci ricordano che la storia del costume cinematografico italiano ha radici antiche e un promettente futuro.
Il percorso principale, invece, porta avanti il racconto di un secolo di scuola italiana. Si snoda nelle prime dieci sale, ha un suo coronamento nel salone dedicato alla Sartoria Tirelli – a cui abbiamo dato carte blanche, per festeggiarne il cinquantenario, nella scelta degli abiti e dei film da rappresentare – e si chiude con la stanza dedicata agli incantevoli abiti di Milena Canonero per Marie Antoinette, nel cuore dell’esposizione permanente. I nomi sono i grandi, gli imprescindibili: Caramba, Vittorio Nino Novarese, Gino Carlo Sensani, Piero Gherardi, Piero Tosi, Danilo Donati, Gabriella Pescucci, Maurizio Millenotti, Milena Canonero, Pier Luigi Pizzi, Gitt Magrini.
Nel racconto della mostra abbiamo dato particolare accento alle filiazioni, perché la denominazione di scuola che si è voluta attribuire alla tradizione italiana non è affatto arbitraria, ma affonda in un’autentica trasmissione del sapere. Novarese è allievo di Caramba; De Matteis e Gherardi di Sensani; Tosi della De Matteis, e indirettamente, attraverso Visconti, di Sensani, così Donati; Pescucci è allieva di Tosi, e Millenotti di Pescucci in quella fucina creativa che è stata ed è la Sartoria Tirelli; Canonero, infine, seppur più libera e sganciata dal contesto italiano, proprio quest’anno esordisce alla regia con un documentario su Piero Tosi: e la cosa ci pare piena di significati.
La sfida era anche quella di trovare una chiave espositiva. I costumi sono creati per vivere indossati, dagli interpreti, durante il breve tempo delle riprese – e poi per sempre nelle immagini dei film. Esibirli al di fuori di quel contesto rischia sempre di trasformarli in fiori appassiti. Per questo abbiamo chiesto a uno dei più valenti direttori della fotografia del cinema contemporaneo, Luca Bigazzi, di immaginare per i costumi esposti un percorso di luci, che è stato realizzato da un artigiano eccellente e gran sperimentatore della luce, Mario Nanni, e dalla sua Viabizzuno.
Sono luci magiche, velate naturalmente, che restituiscono alle stoffe, ai colori che abbiamo visto sullo schermo, una vita presente nella quale abbiamo il privilegio di trovarci anche noi, spettatori che avevano già conosciuto gli stessi costumi nel sogno della proiezione cinematografica”.