Cronaca

Intervista Valentina Mattarozzi

Intervista a Valentina Mattarozzi per SenzaBarcode.

Il 26 gennaio Valentina Mattarozzi fa ritorno con “SENZA PARACADUTE”, il suo personale “inno ai divorziati” tratto dall’album di esordio “Vally Doo“. Spumeggiante ed ironica, Valentina racconta storie a volte amare che prendono vita sulle note pop, swing e dixieland, realizzando un perfetto equilibrio tra la leggerezza della base e lo spessore  intellettuale del testo. L’album è stato prodotto dall’etichetta SanLucaSound.

Come è nata la passione per la musica?

Fin da piccola, mia madre diceva sempre che prima ho imparato a ballare, poi a camminare e appena sentivo qualunque tipo di musica mi muovevo, sin “dai tempi del  box!”. Sono cresciuta in una famiglia dove la musica classica era importante, mia mamma  è un ex concertista e si esercitava ogni giorno al piano. Crescendo ho scoperto il mondo  della musica leggera, con tutte le sue incredibili sfaccettature, mi ha subito colpito.

Quali sono le tue maggiori fonti di ispirazioni ed influenze musicali?

Sicuramente i miei idoli, Freddy Mercury e Diane Schuur, ma anche Billie Holiday e Janis Joplin; per la musica italiana Mia Martini, Enzo Jannacci e Lucio Battisti, hanno tutti influito e continuano tutt’ora!!

Oltre ad essere una talentuosa cantante, hai anche studiato danza e recitazione. Vuoi parlarci di queste altre tue passione?

Grazie per l’aggettivo “talentuosa”! Iniziai danza “per sbaglio” da piccolina, i miei familiari mi vedevano sempre ballare, pensarono quasi subito di iscrivermi ad una scuola di danza classica. I primi anni furono belli, poi iniziai a stancarmi, in realtà la danza classica è una disciplina molto rigida ed io
fondamentalmente sono un po’ indisciplinata. A 15 anni, infatti, uscita da quella scuola mi misi a fare Breakdance (sì proprio quella) non facevo le capriole sulla testa, ma qualcosa di spericolato, infatti ne porto ancora oggi i segni sulla schiena! Lì mi sono divertita davvero. La recitazione è arrivata dopo la mia decisione di non fare la scuola di regia a Roma, era il mio sogno da adolescente, ma voleva dire essere davvero troppo lontana dai miei affetti e non me la sono sentita. Ho iniziato a recitare, studiando in molte scuole, era un modo per stare vicina al mio sogno. In parte, adesso, lo sto “coronando” con i miei videoclip, scrivo i soggetti, storybord e mi intrufolo nella realizzazione del montaggio…

La carriera di un artista spesso viene segnata da incontri fortunati, da una lunga amicizia, dal sostegno della propria famiglia. Nel tuo caso chi ha segnato maggiormente il tuo percorso artistico e come? 

Io sono partita molto bene, ho avuto fin da subito l’appoggio della mia famiglia. Gli amici sono stati inizialmente più scettici, ma lo posso capire, in fondo ero un po’ scettica anch’io. Arrivano i primi incontri importanti; Iskra Menarini, che è stata una delle mie insegnanti, Teo Ciavarella che non è solo un eccezionale musicista ma un Amico con la A maiuscola. Poi Massimo Macchiavelli (Attore e regista, da lì la svolta in teatro) in un certo senso non so se dirgli grazie o “altro”, perché adesso sono “teatro dipendente”, è pazzesco ma è così. E’ diventata la mia “droga”. Quella con la Doctor Dixie jazz band è
sicuramente una esperienza importante che ancora sta proseguendo e poi che dire, quando le cose non te le aspetti e arrivano, la gioia è ancora più grande perché accompagnata dallo stupore. Il disco “Vally Doo” l’ho realizzato per merito di tanti amici che hanno creduto in me. Sono fortunata.!

Definisci con tre aggettivi il tuo lavoro artistico. 

Divertente, ironico, colorato!

Clelia Tesone

E m'abbandono all'adorabile corso: leggere, vivere dove conducono le parole. La loro apparizione è scritta; le loro sonorità concertate. Il loro agitarsi si compone, seguendo un'anteriore meditazione, ed esse si precipiteranno in magnifici gruppi o pure, nella risonanza. Una delle più belle citazioni di Paul Valery per molti, come me, che crescono tramite una pagina, che sia letta, scritta o studiata.

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