CronacaPolitica

Terrorismo, questione di prevenzione e non repressione

Ogni attentato crea il panico tra la popolazione. Il terrorismo crea sdegno e cordoglio, segue immediatamente la riflessione politica.

Questa è la seconda fase che dovrebbe essere affrontata con grande attenzione da parte della politica e degli opinion makers, perché è la fase più pericolosa, quella delle decisioni, e sbagliare significa compromettere la nostra sicurezza. L’errore da non fare è lasciarsi andare al populismo forcaiolista più becero. Non serve a nulla se non a chi ne divulga le parole d’ordine distogliendoci dal vero obiettivo. Un terrorista votato al martirio se ne sbatte allegramente della pena di morte: cerca la morte! E la repressione attuata in base ad etnia, religione o status non fa altro che alimentare il sospetto, la frustrazione e la rivalsa dentro e fuori i nostri confini senza portare a ciò che effettivamente si cerca: sicurezza. Bisogna essere onesti, in Francia è andato tutto storto, la sicurezza non ci ha fatto una bella figura se emerge quasi subito che i fratelli attentatori ed i fidanzatini assassini erano già attenzionati dai servizi d’Oltralpe. Ma a questo punto?

Chiedere repressione della libertà con nuove ed ulteriori disposizioni di legge significa impegnare in Europa denaro e risorse non per la prevenzione. Sposta le risorse sul danno già avvenuto, piuttosto che sul rischio che si verifichino ulteriori eventi delittuosi di matrice terrorista. Punta a punire indistintamente e non a creare una rete di protezione per evitare episodi analoghi in futuro. Non è la troppa libertà a favorire un terreno fertile al terrorismo, semmai lo può diventare la volontà di protagonismo della politica che vede solo un guadagno nel consenso immediato senza che vi sia una strategia di ampio orizzonte.

Dichiarava Marco Pannella, in modo incisivo e quanto mai attuale il 22 agosto 2006 al Corriere della Sera: “costruire rapidamente una alternativa politica al possibile, per noi probabile, scoppio di una guerra senza confini (geografici e per armi usate) a partire dal sisma mediorientale; entro i prossimi mesi, se non settimane. […] Per l’Iran, per gli Hezbollah, per Bin Laden, la guerra è già ufficialmente in corso con l’obiettivo propagandato di colpire, se possibile, a morte ed eliminare dal Medio Oriente, lo Stato e il popolo di Israele. Ma questa guerra è per loro in realtà l’occasione, lo strumento per realizzare il rivoluzionamento distruttivo dell’ordine (o disordine che sia) internazionale esistente, quale affermatosi dalla fine degli anni ’80 nel mondo. […] l’obiettivo di Israele nella Ue, della sua conversione diventa, quindi, fortemente strumentale per la politica di pace come alternativa all’imminente per noi probabile guerra […] se entro cento giorni Bruxelles e Israele decidessero di iniziare un negoziato volto all’ingresso nella Ue di Israele, con procedura straordinaria quanto a tempi di un suo successo o di un suo fallimento, un masso sarebbe lanciato in uno stagno mefitico e dalle esalazioni letali, erede, anziché superamento definitivo, del mondo e dell’Europa degli anni della Shoah. Le motivazioni, gli obiettivi per scatenare la guerra mediorientale diverrebbero manifestamente indeboliti, più che dubbia la sua convenienza ed il suo esito. E faciliterebbe il naturale e auspicato divorzio fra quanti si oppongono alla politica di Israele ma sono disponibili a difenderne il diritto all’esistenza e la dignità, e quanti – invece – perseguono con strategie terroristiche l’obiettivo di instaurare ovunque regimi totalitari islamici in luogo di regimi anche «moderati» che siano suscettibili di richiamarsi ai valori fondanti della civiltà moderna, iscritti nelle Carte e Dichiarazioni costitutive dell’Onu e della comunità internazionale.”

Da Radio Free Europe/Radio Liberty ad Israele nell’Ue ci sono tutti gli strumenti di lotta politica per chiudere la partita con i terroristi, non lasciamo nulla di intentato o alcun strumento inutilizzato, governativo e non governativo come la lungimirante Antenna di Bruxelles del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito– .

Diego Sabatinelli

Dal ’95 letteralmente “batto le strade” di Roma per promuovere le iniziative nonviolente radicali, a partire dalla raccolta firme su 20 referendum che si svolge proprio quell’anno…

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