Cronaca

L’arte scandalosa

I grandi fenomeni e movimenti artistici nascono da opere che destano scompiglio tra critici e borghesi ben pensanti. Quindi può esser l’arte considerata scandalosa? O è la stessa che necessita dello scandalo?

Non è insolito parlare dell’arte associandola al concetto di scandalo. Probabilmente ogni fenomeno artistico degno di entrare a far parte della storia dell’arte nasce da un’opera fuori dall’ordinario, a tal punto insolita da destare perplessità e stupore.

Lo stesso Michelangelo e la sua volta della Cappella Sistina caddero sotto la mannaia della censura, dopo il Concilio di Trento che qualificò come indecorosa una delle più stupefacenti manifestazioni dell’arte rinascimentale.

Lo stesso Picasso con la sua Guernica destò lo sconcerto dell’ambasciatore tedesco Otto Abertz, per il quale il dipinto era “un orrore”; Gustave Coubert con l’Origine du Monde scandalizzò la borghesia ben pensante, la sua rappresentazione del corpo femminile fu considerata troppo realistica e spregiudicata , per non parlare dell’allegorico titolo dell’opera, che maschera, neanche troppo velatamente, una pungente ironia.

Ma è poi realmente possibile qualificare queste opere come scandalose?

Una valutazione critica di un’opera d’arte non può che prender in considerazione parametri tecnici, stilistici e valutazioni di tipo sociale in cui vengono in evidenza il contesto storico e la particolare sensibilità collettiva.

Seguendo questi criteri d’analisi sembrerebbe paradossale definire Michelangelo, Picasso, Coubert come dei provocatori, è quasi un’eresia. Tuttavia ciò che distingue i grandi artisti dalla moltitudine degli aspiranti talenti è la capacità di comunicare, di far trasparire un’idea, un messaggio, una critica sociale. Se ciò è vero, esiste altro mezzo migliore dello scandalo per attirare l’attenzione del grande pubblico?

Qualsiasi comunicatore, che usi la parola, la pittura, la musica, sa che un’eccellente orazione senza ascoltatori è vana.

Creare scalpore non è solo uno strumento pubblicitario, ma una conseguenza inevitabile.

Nel 2005 Banksy, il maggiore esponente del movimento della street art, rappresentò sulla barriera di separazione israeliana   degli squarci, che permettono di “vedere” il mondo dall’altra parte del “muro”, generando scalpore ed indignazione. In questo caso è l’idea dietro l’opera che rompe  con gli schemi sociali, viola la regola del silenzio e si impone con forza dirompente.

Gli artisti più amati e al contempo criticati sono coloro che dettano le loro regole sulla scena, proponendo messaggi contro corrente, che mettono in luce le piccole ipocrisie degli uomini, o le amare verità, come nel caso di Banksy.

Nel 1907 Picasso  mostrò al mondo Les Demoiselles d’Avignon, il dipinto che divenne poi il manifesto artistico del cubismo, nonostante i suoi contemporanei non compresero immediatamente questo nuovo stile pittorico. Per il collezionista russo Scukin questo capolavoro “(Era) la rovina dell’arte francese”, perfino Matisse lo definì oltraggioso. Eppure quell’opera era figlia della filosofia che segnò un’intera epoca, era espressione visiva della crisi dell’io, del relativismo psicologico, concetti che confluirono nella letteratura, nella musica e qualsiasi altra forma d’arte che l’uomo è stato capace di concepire.
Infondo quindi l’arte è scandalosa, o meglio deve esserlo. L’artista dà voce all’evoluzione storico-sociale, diviene specchio di una realtà ancora sconosciuta alla massa, che grazie all’operato di pittori, letterati, poeti, musicisti riesce a vedere ciò che prima era celato agli occhi. Tuttavia la verità può sbalordire, od anche incuriosire, perfino inorridire, ma è anche l’unico obiettivo da perseguire. 

Clelia Tesone

E m'abbandono all'adorabile corso: leggere, vivere dove conducono le parole. La loro apparizione è scritta; le loro sonorità concertate. Il loro agitarsi si compone, seguendo un'anteriore meditazione, ed esse si precipiteranno in magnifici gruppi o pure, nella risonanza. Una delle più belle citazioni di Paul Valery per molti, come me, che crescono tramite una pagina, che sia letta, scritta o studiata.

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