Mafia Capitale, il forcaiolismo rispecchia la pochezza politica
Ancora una volta per Mafia Capitale, pur non essendoci bisogno di dimostrarlo, la politica italiana ridicolmente insegue il fenomeno e non lo previene, e come soluzione non ha altro che riempirsi la bocca
di parole che si possono sentire tranquillamente in un bar tra un caffè e mezzo cornetto, intontiti dal sonno prima di andare a lavoro: “tutti in galera!, aò, me so’ dimenticato er portafoglio, che c’hai n’euro?”.
Ecco, il sunto è tutto qui. Lasciando in pace la magistratura che svolge il suo lavoro di indagine, quello che desta più scalpore è il modo tipico della politica italiana di approcciarsi al fenomeno corruzione e mafia a Roma, esattamente lo stesso che vale per l’omicidio stradale o per il fenomeno della violenza di genere. Presi dalla frenesia, perché puntualmente scavalcati dagli eventi che non sono mai calamità improvvise, ma si sedimentano nel tempo fino ad esplodere lanciando schizzi un po’ ovunque, il politico nostrano si mostra oggi ancora più schizofrenico che mai. Prendiamo ad esempio il Premier. Prima viene dato il via libera dal Governo alla non punibilità dei fatti di lieve entità, dalla truffa alla violenza privata, dando attuazione alla legge delega 67/2014 sulla messa alla prova e le misure alternative al carcere. Si prevede che possa scattare l’archiviazione per tenuità del fatto per tutti i reati sanzionati con una pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni o con una sanzione pecuniaria. Subito dopo Mafia Capitale, per non essere travolto dallo scandalo, ma anzi cavalcarlo, il Matteo nazional-popolare che fa? Sull’onda dello sdegno chiede pene più alte, prescrizione più lunga e confisca “fino all’ultimo centesimo” dei beni ai corrotti già innalzando la pena massima del reato di corruzione fino a 10 anni (fonte Il Messaggero); contraddice il suo stesso esecutivo, che sulla giustizia diceva di puntare a riforme strutturali e non a “norme spot”, e promette in consiglio dei ministri un pacchetto di 4 interventi contro la corruzione. Ecco fatto, placa lo sdegno e cavalca l’ira: esattamente l’opposto che dovrebbe fare un Paese serio e non da burletta: ovvero, prevenire il reato sotto gli occhi di tutti senza poi dover intervenire con punizioni spot quando i buoi sono scappati.
Veniamo al nostro amato Sindaco, si fa per dire. Si accorge, non si accorge, non si capisce, sta di fatto che risulta totalmente estraneo ad ogni addebito penale rispetto agli ultimi accadimenti, sull’addebito politico ci sarebbe da discuterne ore, anche perché in altri Paesi, quello che noi non siamo, si dà per scontato che il Sindaco sia onesto, si cerca in lui l’amministratore capace: e qui sono dolori. Sdegno, rabbia, paroloni e che fa il nostro paladino della buona amministrazione? Esattamente come Renzi, e ad una riunione di blogger paventa addirittura per i graffitari, riporta Il Messaggero, il soggiorno a Rebibbia.
Direi di tralasciare il capitolo forcaiolo della stampa, che prende i nomi delle persone e le infila nel tritacarne mediatico, tutti insieme, senza nemmeno rendersi conto, ma nemmeno ci provano, che forse sarebbe il caso di accertarsi se tali nomi sono inseriti in una lista di indagati piuttosto che distruggere vite e reputazioni. Perché ci sta che in politica si possa incontrare tantissime persone senza doversi premunire di un casellario giudiziario portatile ad ogni incontro o per ogni stretta di mano, e magari perfino essere edotti che ci sono delle indagini -riservate- in corso che potrebbero riguardare qualsiasi insospettabile che si incontra per strada o ad un evento. Non si tratta di garantismo, ma di civiltà! Ecco fatta l’Italia, dalle Alpi alla Sicilia, ed ecco fatti gli italiani. Investitori, statevene a casa.
Condivido in pieno, e sono in parte rassicurato dal fatto che sporadicamente ci sia ancora qualcuno in grado di fare un analisi lucida delle cose. Presiedo una Onlus che include detenuti (www.semidiliberta.org) tra difficoltà inenarrabili ed in questi giorni sentendoci più volte accomunati a questi personaggi in un calderone vomitevole, abbiamo ancora una volta la cifra della realtà in cui viviamo. Ma andiamo avanti ugualmente.