CronacaPolitica

Divorzio breve, una battaglia italiana per la fine del Governo?

Divorzio breve, Renzi è crisi con NCD. Al solito una battaglia di civiltà viene utilizzata dalla politica per altri fini, o per la fine del Governo.

La storia del divorzio breve in questa legislatura è l’esempio più chiaro, plastico qualcuno direbbe, di come procede la politica italiana, di come quasi nulla sia cambiato in tanti anni, di quanta distanza c’è tra la nostra e le migliori classi politiche europee. In questo articolo spiegheremo come il divorzio breve ci accompagna per mano dal momento in cui l’astro nascente Renzi si è seduto a Palazzo Chigi fino a quando si tornerà a votare, e forse non manca molto. Ma cominciamo dall’inizio.

I diritti civili in Italia sono un optional, una volta erano relegati a problema della classe borghese agiata, mentre operai e famiglie per i due maggiori partiti della Prima Repubblica, PCI e DC, avevano ben altre lotte da fare ed altri diritti da farsi riconoscere. Poi arriva il referendum del ’74 sul divorzio e travolge tutti. Oggi queste battaglie continuano a non essere politiche, ovvero le si usa per altri scopi che evidentemente tendono a risultati che nulla hanno a che vedere con la pelle di chi le subisce. Ieri come oggi non sono i c.d. diritti civili il banco di prova della nostra politica, a volte li si utilizza come fanno certi sindaci: ottimo rifugio quando sono in calo di consensi per una periferia che esplode. In Italia i sindaci si sentono Presidenti del Consiglio e questi ultimi, troppo spesso, dei padri buoni ma severi: ma tutti fuggono alle loro responsabilità dichiarando il contrario.

Ma veniamo ai giorni nostri. All’annuncio delle prime riforme da parte del nuovo Premier Renzi appena insediato inizia la vera battaglia sul divorzio breve, ed è subito braccio di ferro. Assioma: il Senato non serve a nulla, o meglio, il bicameralismo perfetto ritarda il processo di formazione delle leggi, ovviamente quando non ci si mette il Governo con l’abitudine della decretazione d’urgenza. Dimostrazione dell’Assioma: braccio di ferro tra le commissioni giustizia per chi è competente a trattare la legge sul divorzio, Camera o Senato? Grasso o Boldrini? Vince la Boldrini. E vince la turbo Moretti, parlamentare d’assalto, più con le parole che in sostanza, ma questa è la politica degli annunci e dell’autocelebrazione. In realtà tutta la commissione giustizia di Palazzo Montecitorio lavora in modo puntuale alla riforma, dalla Presidente Ferranti al deputato pentastellato Bonafede, ma è la turbo Moretti che ha fretta, deve dimostrare che la Camera senza la palla al piede di Palazzo Madama corre veloce come una lepre, e nel giro di poche settimane arriva in Aula il testo del divorzio breve per un voto quasi plebiscitario. La riforma inizia il suo percorso spedita, la dimostrazione delle differenze tra le due camere anche. Ora toccherà al Senato chiudere la partita e correggere qualche erroraccio tecnico-giuridico dettato dalla troppa fretta di Montecitorio. Per inciso, la Moretti fa la campagna elettorale alle europee anche col divorzio breve, e stravince!

Al Senato come prevedibile iniziano i problemi, l’assioma deve essere dimostrato, e quindi tra commissioni che ritardano pareri, e decreti che piovono dal Governo, la commissione giustizia di Palazzo Madama si ferma insieme al divorzio breve. Passano settimane e poi mesi, da inizio giugno si arriva quasi alla fine di ottobre per ricominciare a discutere seriamente di divorzio breve nonostante la trasmissione che Radio Radicale dedica a questo tema tutti i martedì sera intervistando molti componenti della commissione i quali sono chiaramente favorevoli. Una maggioranza trasversale già esiste ed ogni ritardo è pretestuoso. Si deve passare all’idea di qualche senatore lungimirante, vedi la senatrice Filippin del PD, per decide l’inserimento del divorzio breve dentro uno dei Decreti Legge partoriti dal Governo, e non un Decreto Legge qualsiasi, ma quello per la semplificazione della giustizia civile e lo smaltimento dell’arretrato: si dice più di 5 milioni di procedimenti pendenti.

A questo punto nasce un’altra esigenza, che non è più solo quella di dimostrare a tutti i costi che il Senato è lento, una sorta di piaga biblica, ma anche quella di smuovere un po’ le acque dell’alleanza di Governo che vede PD e NCD per il momento alleati, ma spesso con maggioranze diverse in parlamento. Renzi deve bloccare questa tendenza, o accentuarla. Intanto l’operazione di inserire il divorzio breve nel Decreto Legge in modo da chiudere a novembre la partita non riesce perché il rappresentante del Governo, il viceministro Costa del NCD, blocca tutto per estraneità alla materia, ma il Decreto già contiene la negoziazione assistita per separazioni e divorzi. L’iter parlamentare, però, può ripartire anche grazie ad uno sciopero della fame di massa con più di 2000 adesioni capitanato da Diego Sabatinelli segretario della Lega Italiana per il Divorzio Breve. La votazione in commissione si fa e dà ragione ai riformatori introducendo anche il divorzio diretto. Ecco, però, spuntare di nuovo l’uso del divorzio breve per dare un altro grattacapo all’alleanza di Governo o creare nuove sponde per diverse alleanze.

L’NCD sbotta, parla velatamente di tradimento del patto di Governo, ma soprattutto aspetta che la crisi scoppi all’interno del PD, e puntuale la spaccatura arriva. Il senatore democrat Gianpiero Dalla Zuanna con un manipolo di altri senatori PD contrari al divorzio breve cerca sodali per una “fronda” ed invia per mail una richiesta di adesioni riservata che, però, guarda caso arriva nella casella mail di tutti i gruppi presenti al Senato, come a dire: ecco, ci siamo, lottiamo insieme a voi. L’NCD, coglie la palla al balzo e prova a rallentare il voto in commissione il più possibile per vedere se è possibile invertire le sorti della legislatura, e soprattutto per vedere se interviene il Premier per fermare la crisi, ma non c’è niente da fare. Con ampia maggioranza trasversale il divorzio breve passa in commissione: ci pensano la maggioranza dei senatori PD con i pentastellati, mentre FI si divide equamente, come vorrebbe fare il loro capo: favorevole, astenuto, contrario.

La palla passa ora all’Aula di Palazzo Madama pronta per essere schiacciata tra le dimissioni annunciate del Presidente Napolitano, la finanziaria e la legge elettorale. Lo scontro è veramente trasversale, perché all’interno del PD l’area cattodem chiede di discutere la riforma, e quindi di rallentarne l’iter, l’NCD minaccia il patto di Governo con annesse dimissioni di capogruppo e barricate, il M5s se la ride diventando stampella o alibi e FI sta a guardare “diviso” tra favorevoli, contrari ed astenuti, non si sa mai, la legislatura prima di chiudersi può vedere altre maggioranze, soprattutto in vista della legge elettorale. Renzi è sulla graticola ha bisogno di una nuova maggioranza e se non arriva dal Parlamento la deve prendere dalle urne, ha bisogno di capitalizzare. Per il momento andrebbe bene anche Grillo, ma a brevissimo termine, giusto per andare presto al voto. Meglio FI e l’ex Presidente-ex Onorevole-ex Cavaliere-ex Caimano, ora molto più istituzionale e affidabile. Lui è forgiato dalla classe politica passata come il rampollo Renzi. Il divorzio breve in tutto questo che c’entra? Nulla o poco, ma questa è l’Italia, e la pelle dei cittadini vale nulla, anche se il 90% degli elettori è favorevole a chiudere i divorzi velocemente.

SenzaBarcode Redazione

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9 pensieri riguardo “Divorzio breve, una battaglia italiana per la fine del Governo?

  • Tutto fatto. Non a caso ora il Senato ha approvato con 228 si, 11 contrari e 11 astenuti. Appena sarà calendarizzata alla Camera verrà votata con voto blindato. Ormai ci siamo

  • non si puo fare un referendum popolare e raccolta di firme ?o scrivere in massa email? a chi si dovrebbero indirizzare?

  • Ma quando entra in vegore sta legge

  • Riccardo

    Anche se fai un testamento privato ma schiatti prima dei tre anni hai violato la legittima di successione quindi la tua cara ex dolce metà impugna il testamento e si prende quello che la successione le assegna. Quindi vedi di non morire …… o almeno tira per tre anni …… poi puoi morire tranquillo che lei non potrà fare più nulla .. purttroppo è così in questo paese di m…..

  • No, finchè è moglie ha diritto a 1/3 del patrimonio, anche in regime di separazione dei beni

  • Fai un testamento privato in cui lasci tutto a qualcun altro come ho fatto io e risolvi il problema….poi dopo il divorzio lo stracci!!!!cmq io non ho capito….ad oggi si può già chiedere il divorzio o la legge non è ancora passata???

  • Se vi fossero uomini sfruttati in maniera indegna 10 anni e che ora si ritrovano fuori di casa (pagata al 100%), con un terzo dello stipendio sottratto da una parassita a pregare di non morire prima di tre anni altrimenti la parassita eredita di diritto come premio per l’inferno che ha regalato, sarebbe già legge da un pezzo!

  • Signora ci sono anche uomini che sono vincolate a certe donne!!!! cimunque tutto questo é ridicolo, a senso solo per loro politici, usano ogni pretesto x i loro porci comodi, sono veramente meschini e senza anima.
    È talmente semplice, assecondare il volere del popolo, è il popolo per la stragrande maggioranza vuole questa legge, RISPETTATECI CAZZO!!!!!!

  • Se chi sta al governo provasse a capire che ci sono donne che hanno subito violenze fisiche e psicologiche durante il matrimonio e si trovano incatenate ancora per tre lunghissimi anni ai loro aguzzini forse cercherebbero un accordo per fare in modo che si potesse chiudere con il divorzio il più presto possibile.
    Chiesa o non chiesa il rispetto della vita e della salute umana sono prioritari rispetto agli interessi personali di chi ci governa.

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