Cronaca

Molestie per strada: un’immotivata esagerazione?

Sulla rete spopolano video di ragazze vittime di molestie per le strade delle metropoli. Ma è davvero corretto definirle “molestie”? Il messaggio è giusto?

Probabilmente sarebbe stato più appropriato che tale post fosse stato scritto da un’esponente del sesso femminile, ma tale “fenomeno virale” mi ha lasciato uno strascico di pensieri e opinioni talmente vasto da spingermi a riversarlo qui su SenzaBarcode, cercando ulteriori spunti di riflessione insieme alla community. Quante volte avete visionato sulle vostre bacheche di Facebook, in queste settimane, la frase “molestata x volte in y volte nella città z”? Cosa si nasconde dietro questo fenomeno virale, nato a New York e ripreso per il resto del mondo, anche in maniera genuinamente ironica?

Tutto è nato dalla mente di Rob Bliss, la quale ha assoldato per la sua campagna di marketing virale Shoshana B. Roberts, attrice misconosciuta prima della pubblicazione di questo famigerato video “denuncia”, nella quale si vuole cercare di dimostrare che la città della “grande mela” non è una metropoli per giovani donzelle, sempre a rischio molestie mentre girovagano tranquillamente per strada.

La Roberts ha infatti camminato per le vie di New York seguita da una persona in incognito, la quale l’ha ripresa per 10 ore consecutive con una telecamera nascosta, atta a documentare il fatto che decine e decine di individui del sesso opposto abbiano espresso un complimento nei suoi riguardi o, nel peggiore dei casi, tentato di approcciarla. Cento (e dico cento) molestie in appena 10 ore, il tutto per sensibilizzare il mondo su tale tematica, affrontata di fatto dall’associazione no-profit “Hollaback!”, per la quale è stato realizzato tale video.

Analizziamo adesso il significato della parola molestia, citando la definizione espressa dal sito della Treccani:

molèstia s. f. [dal lat. molestia, der. di molestus «molesto»]. –

1. Sensazione incresciosa di pena, di tormento, di incomodo, di disagio, di irritazione, provocata da persone o cose e in genere da tutto ciò che produce un turbamento del benessere fisico o della tranquillità spirituale: liberi da ogni dolore e molestia del corpo (Leopardi); dare, procurare, recare m. (ant. fare m.); ricevere, patire m.; la m. degli affanni, delle preoccupazioni; la continua m. dei seccatori; la fastidiosa m. degli insetti; l’insopportabile m. della sete, del caldo, del prurito; strimpella tutto il giorno il pianoforte con grave m. dei vicini; m. sessuale (più spesso usato al plur.): l’atto di infastidire con comportamenti, parole o atti indesiderati a sfondo sessuale.

Il fatto stesso di molestare (con sign. più affine a disturbo): m. alle persone, in diritto penale, reato di chi, con qualunque mezzo, arrechi disturbo o fastidio ad altri. Nel linguaggio milit., tiro di m., azione di artiglieria che tende a ostacolare i preparativi del nemico. Con valore più concr. (non com.), azione molesta: le sue m. non sono più oltre sopportabili.

Visionando il video “testimonianza” lanciato dalla Roberts

rientrerebbero quindi nella categoria delle molestie anche dei semplici complimenti, magari avanzati non forzatamente a causa di interessi d’approccio o, peggio ancora, di abbordaggio per stupri et simila.

Sentirsi a “disagio” per dei complimenti avanzati da sconosciuti è come fare di tutta l’erba un fascio: perché dovremmo avvertire un senso di tormento nel sentirsi dire che si è belle?

La risposta risulterebbe ovvia: tali commenti avrebbero come unico scopo quello di provare ad approcciare, e con tutte le notizie che si sentono in TV e su internet le “presunte” avances di uno sconosciuto non possono che far paura. Di tanto in tanto ci capita di origliare dal mondo femminile frasi come: “non mi sento apprezzata”, “non sono bella”, eppure quando anche un tizio random ti sbandiera tali complimenti per strada la sensazione che si prova è quella di irritazione e disagio.

Seppur vorrei evitare di generalizzare, ho comunque l’impressione che ci sia qualcosa che non quadra in tal contesto.

Il fatto di associare il complimento all’abbordaggio e, quindi, a qualcosa che provoca tormento, è sintomatico del fatto che ormai ne abbiamo sentite così tante su violenze ed abusi che a volte sembra che abbiamo paura anche di guardarci in faccia. Etichettare tali comportamenti come molestie potrebbe risultare offensivo per chi, le molestie, le ha subite per davvero, e per periodi molto più lunghi e reiterati: in merito a tale video sta di fatto che il mondo maschile e quello femminile si sono trovati ancora una volta divisi nelle proprie opinioni, rendendo vano lo sforzo originale della Roberts.

Quello di lanciare una testimonianza

L’unico risultato ottenuto è quello, ovviamente, della viralità: a seguito dalla sua pubblicazione, “10 Hours of Walking in NYC as a Woman” ha ottenuto qualcosa come 36 milioni di views ed un’interminabile serie di imitazioni, tra il serio e il faceto. Gli esperimenti sono stati ripetuti in altre metropoli, anche nella nostra Napoli, con risultati simili ma ai livelli di quelli registrati a New York. Ovviamente non potevano mancare le parodie a tale video, evidente segno che la clip non è stata particolarmente presa sul serio da gran parte dell’opinione pubblica.

Quindi, la questione si divide in due correnti di pensiero: c’è chi trova questa testimonianza giusta e sacrosanta, dove il termine “molestia” viene rappresentato nella sua piena accezione;  c’è chi invece pensa che il messaggio sia stato veicolato in maniera sbagliata, con l’utilizzo di esempi non proprio appropriati. Io, onestamente, mi trovo nel mezzo: la questione molestie va affrontata e documentata, ma se in tali video 29 semplici commenti su 30 (dove magari c’è un’unica, vera molestia, che può capitare dovunque e a chiunque) vengono rappresentati come “molestia”, non si fa altro che incrementare la paura del rapportarsi con il mondo esterno, dando a tali commentini un significato eccessivamente negativo.

Il risultato?

L’esponente difficoltà accusata dalle persone nell’intrattenere interazioni sociali, difficoltà che si sta palesemente mostrando al mondo con svariati esempi. Vi danno fastidio i commenti degli sconosciuti? Ci può stare. Ma se associamo ad essi il senso di “molestia” allora vuol dire che stiamo acquisendo un senso della realtà davvero troppo distorto, generalizzato e preventivato. È vero: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio, ma non parliamo di molestie in maniera troppo leggera.

Giuseppe Senese

Sono un laureando in Scienze e Tecnologie Informatiche, che nutre anche numerose passioni come la musica, il cinema e il calcio. Adoro il Rock Progressivo degli anni 70' (soprattutto quello britannico e quello italiano) e sono un tifoso sfegatato del Napoli.

3 pensieri riguardo “Molestie per strada: un’immotivata esagerazione?

  • Caro Giuseppe,
    Come hai ben detto all’inizio, sarebbe meglio che a pronunciarsi sulle molestie per strada fossero le dirette interessate che sperimentano questo tipo di commenti indesiderati ogni giorno. Continua ad occuparti di cio’ di cui hai conoscenza e competenza.
    Un saluto,

    Roberta

  • dogmaxpeppe

    Mi sa che lei non ha letto per nulla l’articolo, saluti 😉

  • Questo articolo è demenziale.
    Da donna posso affermare che sentirsi dire per strada “Ti scoperei per ore”, “Che belle gambe che hai”, “Vorrei metterti il cazzo in bocca”, essere seguite fino a casa, sentirsi fischiare dietro, essere palpate sulla metropolitana È UNA MOLESTIA.
    Io mi approccio a un uomo 1)non certo facendo commenti che potrebbero risultare sgraditi 2)non toccandolo 3)in una situazione in cui l’approccio ha senso, non certo ordinandolo per strada o dicendo parole volgari.

    Il problema invece è di chi non lo riconosce.
    Queste sono le molestie di una cultura dello stupro, perché le stesse persone che si permettono di dire cose del genere sono le stesse che portano avanti una cultura dove dire a una donna “ti metterei il cazzo in bocca” viene sminuito fino a non vedere i tanti casi di violenza che le donne vivono attualmente.

    Mi auguro che nessuno dica cose del genere a tua madre o alla tua ragazza per strada, magari ci ripensi a scrivere idiozie.

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