Cronaca

Doctor Who, ottava stagione: più bassi che alti

S’è conclusa in Inghilterra l’ottava stagione del “reboot” di Doctor Who, e il nuovo dottore ci ha convinti. Meno la storyline generale.

In attesa del suo approdo in Italia su Rai 4, in madrepatria s’è conclusa l’ottava stagione del “reboot” di Doctor Who, storico serial fantascientifico nato nel 1963 e riproposto, in chiave moderna, a partire dal 2005. La dodicesima reincarnazione del dottore, interpretata da Peter Capaldi, ha destato notevoli curiosità: è effettivamente riuscito ad entrare nel cuore degli appassionati evitando di sfigurare nei confronti dei suoi predecessori? Secondo noi sì, ma i problemi di questa ottava stagione sono stati ben altri. Ovviamente cercheremo di non spoilerare troppo, ma se volete ricevere meno anticipazioni possibili in attesa della prima TV italiana non vi consiglio di leggere quest’articolo. Altrimenti potrete continuare la lettura a vostro rischio e pericolo.

Bisogna dire che l’ottava stagione di Doctor Who ha mostrato maggior forza nei singoli episodi che nella storyline principale: “Listen” ha riportato un po’ di tensione orrorifica ai livelli della famigerata “Blink”, mentre è risultata brillante e simpatica la puntata con Robin Hood, in una sorta di gradevole excursus tra mito e realtà. Dopo la scarna introduzione vista nella settima stagione, Clara acquisisce maggior respiro all’interno della storia, sostituendo spesso e volentieri il dottore stesso anche nelle avventure più concitate; ovviamente non poteva mancare il “partner” maschile da affiancare alla companion, con la scelta ricaduta su Danny Pink, insegnante di matematica dall’oscuro passato nell’esercito, interpretato da Samuel Anderson. Il personaggio, di per sé, ha mostrato potenziale, potenziale purtroppo sfruttato malissimo sia nel suo rapporto con il dottore, sia nel finale, meno concitato ed “empatico” degli anni precedenti.

La trama principale, a differenza delle passate stagioni, s’è vista praticamente solo nelle due puntate finali, provocando la creazione di una sorta di “filler” abnorme in tutte le 9 puntate precedenti; una scelta dettata, probabilmente, per dar maggior respiro ad avventure singole, capaci di enfatizzare ed esaltare i lati caratteriali del dottore interpretato da Peter Capaldi, apparso molto più in linea con le attitudini arroganti e presuntuose delle primissime incarnazioni; tante similitudini soprattutto con il primissimo dottore, William Hartnell, spesso supponente ed altezzoso nei confronti degli atteggiamenti umani, proprio come quello di Capaldi.

L’atmosfera che si è respirata in questa nuova stagione di Doctor Who è risultata molto più tenebrosa rispetto a quelle favolistiche dell’era Tennant e quelle sbarazzine di quella Smith, in perfetta linea con le caratteristiche del nuovo dottore. Purtroppo, com’era facilmente preventivabile, troppe puntate singole hanno incrementato il rischio di utilizzare riempitivi poco riusciti ed apparentemente inutili: si arriva al finale di stagione senza particolare suspense, considerando soprattutto il fatto che in molti avevano individuato con largo anticipo la vera identità di un altro, nuovo personaggio. L’eccentrica Missy, dopo le fugaci apparizioni anticipatrici nei primi episodi, esplode in maniera fragorosa in occasione del finale, anche grazie alla magistrale interpretazione di Michelle Gomez.

Ci troviamo quindi di fronte ad una “season” con diversi momenti raffinati ma sporadici, nonostante il potenziale espresso da Capaldi: forse Steven Moffat e soci hanno pensato di introdurre al pubblico il nuovo dottore cercando di evitare i guazzabugli delle trame visti con Matt Smith, con storyline affascinanti ma forse contorte e di non facile lettura. Una sorta di intro a quello che verrà, nella speranza di rivedere rispolverata una serie TV che sembra essersi avviata verso un lento (e quindi ancor più pericoloso) declino.

Giuseppe Senese

Sono un laureando in Scienze e Tecnologie Informatiche, che nutre anche numerose passioni come la musica, il cinema e il calcio. Adoro il Rock Progressivo degli anni 70' (soprattutto quello britannico e quello italiano) e sono un tifoso sfegatato del Napoli.

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