Cronaca

Articolo 18: punire un datore irresponsabile è un problema?

Si riapre la discussione sull’articolo 18. L’ultimo baluardo dello Statuto dei lavoratori che ancora resiste.

L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori  (legge n. 300 del 20 maggio 1970) è una sanzione. Questo significa che si applica solo in specifiche e molto determinate circostanze. Soltanto nel caso in cui, in sede di tribunale, venga accertato il licenziamento senza giusta causa di un/una (ex) dipendente. La sanzione comporta l’obbligo del reintegro nel posto di lavoro e il pagamento degli stipendi non percepiti. In alternativa al reintegro, l’ex dipendente può richiedere l’indennizzo di 15 mensilità. L’articolo 18 non si applica ad aziende che hanno meno di 15 dipendenti e riguarda solo i contratti a tempo indeterminato. Cosa significa? Che l’articolo 18 non limita affatto la possibilità di licenziare i dipendenti che non sanno lavorare o che si comportanto in modo inadeguato sul luogo di lavoro (licenziamenti disciplinari), o di licenziare per questioni di ordine e scelta aziendale (licenziamenti economici). L’autonomia di decisione del datore rimane garantita e la ricaduta sul sistema del mercato del lavoro di questa sanzione è a dir poco irrisoroia. In sostanza, quello che il datore di lavoro non può fare è licenziare a causa, per esempio, di un matrimonio o a causa di una gravidanza o di una malattia o a causa di un battibecco o per capriccio o altro ancora.

L’articolo 18 è applicato in Italia in pochissimi casi, anche il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan lo ammette. E questa sarebbe, insieme alla fantomatica idea di fallimento (sostenuta da Marchionne) e alla disuguaglianza di trattamento che perpetuerebbe, la giusta causa per licenziare l’articolo 18 dalla riforma del lavoro. Perché tanto accanimento? In fondo stiamo parlando di una sanzione che tutela solo posti di lavoro a contratto indeterminato in aziende private. Riguarda un numero così esiguo di persone! E poi, vi pare giusto che il tribunale obblighi al reintegro causando il licenziamento di persone assunte al posto dell’ex-dipendente? I neoassunti, magari da qualche mese, magari da due anni, perdono il lavoro che l’azienda aveva liberato! Ce lo possiamo permettere in questi tempi di crisi?

Come prima cosa ricordiamoci che nel 2000 ci fu già un tentativo di abrogazione dell’articolo 18 mediante referendum e gli italiani si espressero negativamente. Poi, che riguardi pochi, che ragionamento è? Se per esempio un comune scopre che fa pochissime multe per parcheggi a meno di cinque metri dall’incrocio, allora significa che la sanzione non serve, ha fallito, aboliamola? Significa che la sanzione funziona da deterrente e si mostra essere molto efficace. Infine, per quanto riguarda giustizia e ingiustizia, parole sbandierate al vento senza cognizione, ebbene sì! A me pare proprio giusto il fatto che un datore di lavoro che sbaglia due volte, una volta licenziando e un’altra volta assumendo, sia punito. Si tratta di un datore irresponsabile che licenzia e assume persone in modo indiscriminato, creando disagio sociale e economico a sé e agli altri. Un’azienda del genere non rappresenta un buon modello da seguire e tantomeno osserva comportamenti da tutelare. In Italia, purtroppo e causa delle manie di potenza e della condotta poco virtuosa di chi occupa certe posizioni, abbiamo ancora bisogno dell’articolo 18. Anche se ci si augura che nessuno ne debba mai usufruire.

 

Cristina Di Pietro

Classe 1986. Laurea Magistrale in Lettere conseguita con il massimo della dignità. Citazione preferita: "se comprendere è impossibile conoscere è necessario" (P. Levi).

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