Cronaca

Pirfenidone, efficacia dimostrata su Fibrosi Polmonare Idiopatica

A Monaco, l’8 settembre scorso sono stati presentati i risultati dei benefici del Pirfenidone sulle persone affette da Fibrosi Polmonare Idiopatica.

A seguire il comunicato stampa dell’Osservatorio malattie rare.

L’analisi dei dati combinati di tre trial clinici di fase III sul pirfenidone (Esbriet) mostra un beneficio favorevole e persistente sulla progressione di malattia nei pazienti con IPF fino a 72 settimane di trattamento.

L’analisi di uno studio di estensione open-label rafforza i dati di sicurezza e tollerabilità a lungo termine del pirfenidone.

Dati ‘real world’ estratti dal registro di pazienti in corso mostrano che la sicurezza è pari a quella dei trial clinici.

Monaco, Germania – InterMune®, Inc. ha presentato l’8 settembre scorso i risultati delle analisi combinate provenienti dai dati di tre studi clinici multinazionali e randomizzati di fase tre (gli studi ASCEND, CAPACITY 004 e 006) che dimostrano benefici a lungo termine del trattamento con pirfenidone per i pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (IPF) dopo 72 settimane di trattamento. I dati sono stati presentati al Congresso della European Respiratory Society (ERS) 2014 dal Prof Paul W. Noble, M.D del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles.

Le analisi dei dati combinati al momento dell’endpoint primario degli studi, nei quali i pazienti sono stati trattati per 52 settimane per lo studio ASCEND e 72 settimane per lo studio CAPACITY, mostrano una riduzione del 52% del rischio di declino ≥10% della capacità vitale forzata (FVC) o morte (hazard ratio [HR] 0.48; 95% confidence interval [CI] 0.37–0.63, p<0.001).

Le analisi mostrano anche una riduzione del 34% del rischio di declino ≥50 metri nel test del cammino (6MWD) o morte HR 0.66; 95% CI 0.54–0.82, p<0.001), e l’analisi della sopravvivenza libera da progressione di malattia ha mostrato che il rischio di progressione della patologia è stato ridotto del 38% (HR 0.62; 95% CI 0.52–0.75, p<0.001) nel gruppo pirfenidone, confrontato col gruppo placebo.

Inoltre, il rischio di mortalità per tutte le cause si è dimostrato ridotto del 37% (HR 0.63; 95% CI 0.41–0.98, p=0.040) e il rischio di mortalità per IPF durante il trattamento è stato ridotto del 60% (HR 0.40; 95% CI 0.20–0.80, p=0.007) nel gruppo di pazienti trattati con pirfenidone, comparati ai pazienti trattati con placebo.

Il rischio di aumento di ≥20 punti in termini di punteggio UCSD SOBQ o di morte (HR 0.75; 95% CI 0.60–0.93, p=0.007) è stato ridotto del 25% all’endpoint dello studio. I risultati riguardo alla sicurezza del trattamento si sono dimostrati coerenti con le osservazioni precedenti.

Paul Noble, del Cedars-Sinai Medical Center, Los Angeles, ha dichiarato “La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una patologia polmonare cronica, progressiva e irreversibile che necessita di trattamenti clinici sia d’urgenza che di lungo termine. Queste analisi ci forniscono una convincente evidenza sui benefici a lungo termine ottenuti con pirfenidone che, associati ai dati di sicurezza a lungo termine presentati durante questo meeting, condizioneranno le decisioni cliniche degli operatori sanitari coinvolti nella cura dei pazienti con IPF.”

I dati delle analisi combinate includono sia i pazienti randomizzati che hanno ricevuto 2403mg/die o placebo (N=1247) per 52 settimane nello studio ASCEND, sia quelli che lo hanno ricevuto per 72 settimane nello studio CAPACITY. Per ovviare alle differenze di durata dei due trial è stato utilizzato un modello “Cox proportional hazards” per stimare la portata degli effetti del trattamento sui seguenti outcomes: il tempo per un declino confermato ≥10% nella capacità vitale forzata o morte, il tempo per un declino confermato ≥50m nel 6MWD o morte, il tempo per l’aumento ≥20 punti nel ‘Questionario per la mancanza del respiro’ dell’Università della California (University of California San Diego Shortness of Breath Questionnaire), la progressione libera da malattia (tempo fino al primo fra: un declino confermato ≥10% della FVC, un declino confermato ≥50 m della 6MWD o la morte) e quattro outcomes di mortalità.

Uno studio separato presentato dal Professor Ulrich Costabel, dell’Essen University Hospital in Germania, ha esaminato i dati di sicurezza a lungo termine del trattamento con pirfenidone in pazienti con IPF arruolati nello studio RECAP, uno studio di lungo termine, di estensione open label, di valutazione della terapia continua con pirfenidone in pazienti che avessero già completato uno dei trial di fase 3.
Le analisi ad interim di questi trial hanno dimostrato che il trattamento a lungo termine con il pirfenidone ha un favorevole profilo di sicurezza ed è generalmente ben tollerato fino a 4,9 anni. La tipologia e la frequenza di eventi avversi si è dimostrata coerente con i trial di Fase III, così come le recenti analisi sulla sicurezza che hanno integrato I dati provenienti da 4 trial clinici, che includono pazienti con una esposizione al farmaco fino a 8.6 anni.[i]

La sicurezza del pirfenidone è stata anche valutata in un’analisi intermedia sui dati di 530 pazienti arruolati nello studio PASSPORT, uno studio di sorveglianza post-autorizzazione volto a valutare la sicurezza a lungo termine per i pazienti che ricevono il trattamento con pirfenidone in Europa. I risultati intermedi, presentati da Dirk Koschel, MD, del Fachkrankenhaus Coswig in Germania, hanno dimostrato che la sicurezza del pirfenidone al di fuori del trial clinici (dunque nella vita reale) è coerente con i dati ottenuti all’interno dei trial clinici.

In questo studio osservazionale, prospettico tuttora in corso, il pirfenidone ha dimostrato un profilo di sicurezza favorevole ed è stato generalmente ben tollerato.

SenzaBarcode Redazione

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