Cronaca

All that Jazz: Le origini

Breve Storia sulle origini del Jazz.

Cos’era? Non lo so. Quando non lo sai allora è jazz.

 Dice Baricco in una delle sue più celebri opere, “Novecento”. Il jazz è così, qualcosa di indefinibile. Non è solo musica, non è solo arte. Il jazz è come un’onda che ti entra dentro e ti attraversa, è il racconto di una storia, di molte storie. E’ come una lingua antica, ma sempre viva,  che sa dialogare con ogni generazione, con chiunque voglia restare ad ascoltare.

L’origine del termine Jazz è piuttosto incerta. Per il grande trombettista Dizzy Gillespie il termine derivava da jasi, “vivere ad un ritmo accelerato”. E se restate fermi ad ascoltare una compilation jazz noterete che qualsiasi brano, qualsiasi sia il tempo della musica, lento, andante, allegro, ha quel intrinseco pizzico di frenesia, un movimento irrequieto che travolge l’ascoltatore. Un’altra storia invece racconta di un cronista, Gerald Cohen, che nel 1913 uso il termine per indicare energia, effervescenza, vigore. Forse è per questa sua particolare natura che, secondo alcune fonti, la parola jazz faccia rifermento ad un’orgia sessuale. In fondo il suono di numerosi strumenti che si fondano, spesso accompagnati da una voce calda e sensuale, voi come la chiamereste?

Il Jazz nasce a New Orleans, ma affonda le sue radice nelle work songs e plantation songs, le canzoni cantate dagli schiavi neri durante le lunghe giornate trascorse nelle piantagioni, oppure gli spirituals delle funzioni religiose, un genere di musica che porta le tracce della storia delle popolazioni nere giunte  in America tra il 1500 e il 1865. Sul finire dell’Ottocento questi suoni dell’Africa divennero i protagonisti degli spettacoli di intrattenimento in una Città,” The Big Easy”, in cui culture si scontravano, si fondevano e a volte collidevano. A New Orleans, ma soprattutto nel Quartiere francese, convivevano due comunità nere profondamente differenti, i creoli, che ben si inserivano nella classe della piccola borghesia , e i c.d. neri americani, la parte povera della comunità. Le loro differenti origini, i loro costumi ed usanze, entrarono in contatto anche con la tradizione europea. La città era letteralmente invasa da francesi, spagnoli, inglesi ed italiani, che hanno lasciato un segno indelebile nelle tradizioni e nella cultura della popolazione locale. Suoni provenienti dai quattro angoli del mondo confluirono in ciò che poi divenne il jazz.

Ogni momento della vita quotidiana della Crescent city era ed è buono per far musica. I musicisti tendevano a riunirsi e a generare spettacoli del tutto improvvisati, soprattutto per allietare le serate trascorse nello Storyville, il quartiere riservato alle case di tolleranza. Un’altra inconsueta tradizione, ancora tutt’oggi praticata, è quella dei cortei funebri, delle marce accompagnate da musica e danze. Erano queste le occasioni di incontro più comuni, oltre alle consuete parate, come la nota sfilata  del Mardi Gras, che diedero impulso alle nascenti band jazz.

Dopo la chiusura dello Storyville nel 1917, molti musicisti, risalendo il Missisipi, giunsero a Chicago, dove importarono lo stile di New Orleans nei numerosi club, music-hall e locali. La southside di Chicago, il quartiere nero, negli anni ’20 vide fiorire ed esplodere il fenomeno jazz, che dilago sulle scene della città divenendo un vero e proprio fenomeno. Musicisti come Joe “King” Oliver, Louis ArmstrongJohnny Dodds, Jelly Roll Morton, Jimmie Noone fecero di Chicago il palcoscenico del Jazz di New Orleans.  Simbolo di quest’era, o meglio di questo genere musicale, è Armstong. Cresciuto ed educato da King Oliver, il “Re del Jazz”, un musicista di umili origini, oggi è considerato il trombettista e interprete per eccellenza di questo genere musicale.

“Immagine di Dana Ward via Shutterstock”

Clelia Tesone

E m'abbandono all'adorabile corso: leggere, vivere dove conducono le parole. La loro apparizione è scritta; le loro sonorità concertate. Il loro agitarsi si compone, seguendo un'anteriore meditazione, ed esse si precipiteranno in magnifici gruppi o pure, nella risonanza. Una delle più belle citazioni di Paul Valery per molti, come me, che crescono tramite una pagina, che sia letta, scritta o studiata.

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