Cronaca

Refugee Hotel e Gabriele Stabile. Rifugiati e perché

Museo Roma in Trastevere, ospita al primo piano la mostra di Gabriele Stabile. Una personale di 50 foto. La vita dei rifugiati nelle prime 24 ore negli hotel dell’accoglienza.

E rincontrarli anni dopo. Una realtà schietta, cruda e sincera nell’obbiettivo di Stabile.

Se si pensa ad un rifugiato si immaginano viaggi della speranza, morti e tristezza. Qualcuno visualizzerà i volti di persone “cattive”, quelli che rubano il lavoro, gli abusivi, la maleducazione… Gabriele Stabile ci dimostra che sono persone che soffrono prima di tutto. Per 24 ore, in America, hanno a disposizione una camera, un letto, un frigorifero: ed è tutto per loro.

Gente che non conosce neppure la funzione di un interruttore , si ritrova in un hotel, in Refugee Hotel. Ed è qui che Gabriele Stabile, ha immortalato i loro momenti, tra panico e tristezza ha anche insegnato ad alcuni rifugiati come usare il telecomando o come azionare l’aria condizionata. Anni dopo li ha cercati, ed alcuni di questi sono impressi nelle foto della seconda stanza, la seconda pagina. Una mostra da vedere e leggere in ogni sua parte, perché le foto sono perfette descrizioni di momenti che graffiano lo stomaco; i rifugiati potremmo essere noi. E si ha l’impressione che dalla fotografia le persone escano, che incontrino i nostri sguardi  facciano quella domanda che terrorizza tutti noi, come se improvvisamente loro chiedessero “perché“.

E si sa, quando qualcosa è “diverso” fa paura.

Gabriele Stabile, invece, ferma immagini che sembrano esse stesse un’insegnamento, come se affamato lui stesso di risposte, andasse tracciando un percorso che poi, inevitabilmente, ci conduce alla terza stanza: quella  che ospita gli scatti che più d’altri gli sono rimasti impigliati tra gli occhi e il cuore.

Un faro acceso su cinque punti di “raccolta” in America Newark, Jfk, Miami, Chicago’s O’Hare e Los Angeles International da vita a Refugee Hotel la mostra visitabile fino al 28 settembre al Museo di Roma in Trastevere, Piazza sant’Egidio, è curata  da Silvana Bonfili. Nel settembre 2013 era stata presentata con successo a  New York, dal Bronx Documentary Center, è accompagnata da un libro, pubblicato da McSweeney’s (San Francisco, 2013) che raccoglie fotografie, testimonianze in prima persona e una guida al processo di reinserimento negli Stati Uniti.

Seguite l’intervista con Gabriele Stabile

[youtube]https://youtu.be/fupo82JuRAs[/youtube]

Sheyla Bobba

Classe 1978. Appassionata di comunicazione e informazione fin da bambina. Non ha ancora 10 anni quando chiede una macchina da scrivere come regalo per il sogno di fare la giornalista. A 17 anni incontra un banchetto del Partito Radicale con militanti impegnati nella raccolta firme per l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti e decide che avrebbe fatto comunicazione e informazione, ma senza tesserino. Diventa Blogger e, dopo un po’ d’inchiostro e font, prende vita il magazine online SenzaBarcode.it Qualche tempo dopo voleva una voce e ha creato l’omonima WebRadio. Con SBS Edizioni & Promozione si occupa di promozione editoriale e pubblicazione. Antipatica per vocazione. Innamorata di suo marito. Uno dei complimenti che preferisce è “sei tutta tuo padre”.

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