Recensione: Malanima di Maria Suppa
Malanima di Maria Suppa affronta un argomento ormai diventato comune nelle piazze delle nostre città, nelle spiagge delle nostre coste e nei nostri Tg nazionali e locali.
Si parla di immigrazione, di viaggi della speranza affrontati al buio senza sapere cosa ci sarà ad attendere il clandestino una volta raggiunta la “terra promessa” europea. Grandi titoli di cronaca quando un barcone affonda con il suo carico di speranza e disperazione, molto meno grandi quando si tratta di denunciare sfruttamento ed umiliazione che una filiera ben organizzata dalla criminalità impone nei luoghi di sfruttamento europei a poveretti ingannati fin dai paesi d’origine.
La storia di Frank, il protagonista del romanzo, percorre tutte le tappe di cui si sente parlare nelle cronache dei giornali, che si tratti di braccianti nelle piantagioni del sud Italia, dei famosi vu cumprà nelle strade o delle prostitute nei viali delle periferie. Frank lo fa a modo suo, con poesia, forse con eccessiva debolezza e sentimentalismo, ma arriva al cuore quando incontra nel suo cammino quelle non poche persone che riescono ad affascinarlo, ad aiutarlo, a spronarlo. In modo veloce e scorrevole si racconta della famiglia di Frank, dei problemi quotidiani, delle incomprensioni col padre, della pena per le madri, dell’affetto ed ammirazione per i nonni.
Ma in fondo la vita che scorre è abbastanza tranquilla, con le stesse difficoltà che si possono riscontrare in Italia, dove la famiglia ancora fa da rete di protezione, garantisce una vita dignitosa ed il rispetto per se stessi e per gli altri. Poi avviene l’imprevedibile, il sogno di un futuro migliore, di maggiori opportunità, di studi elevati, di un viaggio della speranza per tornare vincenti. E tutto precipita, tutto viene risucchiato nell’inganno, nelle false promesse. Dignità e rispetto svaniscono e comincia il calvario del ventunesimo secolo.
Malanima di Maria Suppa, per i tipi di La Caravella Editrice