Cronaca

Un documentario su Ai Weiwei vince il Biografilm festival di Bologna

Al Biografic film festival di Bologna vince il documentario Ai Weiwei: the fake case di Andreas Johnsen. Un ritratto del designer, attivista e dissidente cinese Ai Weiwei.

Dissidente, dal latino dissidere, discordare, ‘sedere separatamente’.
Ai Weiwei è il più famoso tra tutti quelli che non siedono alla grande tavola imbandita dell’economia che sta per diventare la prima nel mondo. La sua caduta nei favori del governo cinese è relativamente recente. Nel 2003 vinse insieme agli architetti svizzeri Herzog & de Meuron il concorso per il progetto dello Stadio nazionale di Pechino.

Agli occhi del regime il suo peccato è stato quello di criticarlo sul suo blog, aperto nel 2006. In particolare si é occupato del  terremoto di Sichuan, che nel 2008 ha causato 70000 morti. Ai Weiwei denunciò le case crollate perchè costruite con materiali di scarto e contribuì, insieme ad altri attivisti, a far dichiarare a Pechino il numero ufficiale delle vittime.

Nel 2009 il blog é stato chiuso dalle autorità. Nel 2011 è stato arrestato senza motivo e detenuto per 81 giorni. Rilasciato, anche per merito delle pressioni dell’opinione pubblica internazionale, è rimasto agli arresti domiciliari per un anno, spiato in ogni movimento. È stato accusato e multato per evasione fiscale. Al momento è libero di lavorare, può uscire dalla Cina ma deve chiedere ogni volta l’autorizzazione, dato che gli è stato ritirato il passaporto. Fino al 7 luglio  il museo Martin-Gropius Bau di Berlino ospita la mostra Evidence. In mostra anche una riproduzione della cella dove è stato detenuto.

Lo scontro con il governo cinese è diventato centrale nella sua opera. Lo vediamo nel video Dumbass rivivere l’esperienza della prigionia. L’abbiamo visto ballare con le manette in mano al suono della della hit Gangnam Style. Paradossalmente la sua notorietà gli concede un pò di protezione. Non conosciamo le storie degli anonimi dissidenti che vengono fatti tacere dal governo di Pechino.

A venticinque anni da Tienamen il colosso cinese continua quasi indisturbato la sua politica, un mix di sfruttamento dei lavoratori da Rivoluzione Industriale e di stato di polizia Staliniano. Le dichiarazione sdegnate di alcuni governi rimangono sono solo di facciata, un contentino per l’opinione pubblica. I reali rapporti di forza sono l’unica moneta spesa dai governi. L’arte adempie in questo caso al suo mestiere, quello di combattere i mulini a vento.

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Alberto De Paulis

Informatico cinefilo e viceversa, osserva il mondo dall'interno di Genova e della sua testa. Alla trasgressione preferisce la digressione. Indeciso esiste, a volte desiste.

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