Cronaca

Brasile 2014, anche la Spagna di Del Bosque ha la sua Waterloo

I Mondiali di Brasile 2014 scoprono il primo, clamoroso colpo di scena: i campioni in carica, dopo due partite, sono già fuori. E con numeri inquietanti.

Negli ultimi quattro mondiali per ben tre volte (le ultime due consecutive per giunta) la squadra campione in carica ha visto concludersi la sua avventura durante i gironi di qualificazione. Sinonimo di mancanza di stimoli? Di un ricambio generazionale mancato o non all’altezza? I tifosi della Spagna si staranno sicuramente ponendo i seguenti interrogativi, ma le constatazioni unanimemente accettate sembrano queste: è finito un ciclo. È la fine del “Tiki-Taka”. E le avvisaglie di tale “bad ending” c’erano tutte.

Il Tiki-Taka ha rappresentato un modello di gioco vincente per molti anni, ma già nelle due stagioni calcistiche precedenti abbiamo assistito al suo “fallimento”: il Barcellona ha dovuto arrendersi in Champions prima fragorosamente contro il Bayern di Robben, poi contro i compatrioti dell’Atletico Madrid (anche in campionato). La Spagna ha poi faticato in Confederations Cup per poi farsi travolgere dal Brasile in finale, ma rappresentava un torneo minore, dicevano. Durante Brasile 2014 tale declino ha visto il suo picco più ripido. Ma forse non è tutta colpa del Tiki-Taka. Anzi, forse non era neanche merito del Tiki-Taka.

Ciò che è mancato alla Spagna a Brasile 2014 è stata innanzitutto la fame agonistica, minata probabilmente da una stagione sfiancante che ha svuotato di energie e motivazioni giocatori cardini come Sergio Ramos e Iniesta. Il cambio generazionale non è stato ritenuto “necessario”, visti i continui successi della Roja negli ultimi anni: basta guardare la lista dei convocati per Sudafrica 2010 e quella di Brasile 2014 per rendersi conto di quanto Del Bosque abbia investito sul gruppo storico e vincente. Ma gli anni passano e con essi forma fisica e motivazioni, e lo sanno benissimo anche i tifosi azzurri, memori di una situazione simile proprio a Sudafrica 2010, con il disastroso Lippi-bis.

Capitolo Iker Casillas: il capitano delle “furie rosse” difficilmente rimuoverà dai ricordi quest’esperienza a Brasile 2014. Semplice calo di concentrazione? Coincidenze? O semplicemente un ritmo partita completamente perso a causa delle continue panchine scaldate in Liga? Per un portiere accumulare minuti al fine di prendere sempre più “confidenza” con la porta risulta fondamentale; è come prendere o perdere mano alla guida di un’automobile.

Se si considera pure la forza delle avversarie nel girone, il pessimo stato di forma di Diego Costa e qualche convocazione “sbagliata” da parte di Del Bosque (lasciare a casa Borja Valero, Callejon e Llorente non s’è rilevata scelta felice) la frittata è fatta: Brasile 2014, la Waterloo della Spagna calcistica. C’è comunque ancora il tempo di giocare l’ultima partita, contro la già eliminata Australia, per provare almeno a salvare la faccia.

Giuseppe Senese

Sono un laureando in Scienze e Tecnologie Informatiche, che nutre anche numerose passioni come la musica, il cinema e il calcio. Adoro il Rock Progressivo degli anni 70' (soprattutto quello britannico e quello italiano) e sono un tifoso sfegatato del Napoli.

Cosa ne pensi?

error: Condividi, non copiare!