Peppino Impastato, il ribelle figlio della mafia che non aveva paura
Membro di una famiglia mafiosa di Cinisi, Peppino Impastato decise di ribellarsi e lottare per cambiare il sistema. Ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978, il suo esempio sarà lo sprono per il fronte antimafia a venire.
Secondo quanto scritto sul sito del comune di Cinisi alla sezione: Cinisi nel mondo, si tratterebbe di “un paese di provincia, che non ha grande imprese da narrare, né grandi uomini da far conoscere al mondo”. E invece Cinisi é conosciuta molto bene proprio per i suoi affari di mafia internazionali e per la vicinanza ad altri luoghi sacri dei gotha mafiosi siciliani: Terrasini e Corleone. Ma, ancora meglio, è conosciuta per i suoi eroi come Placido Rizzoto – sindacalista di Corleone ucciso nel 1948 – e Peppino Impastato, militante di Cinisi ucciso nel 1978.
Peppino Impastato nasce a Cinisi – poco più di 10000 abitanti in provincia di Palermo – il 5 gennaio 1948 da una famiglia che fa parte dell’ambiente mafioso locale. Si avvicina all’attivismo polico e sociale fin dall’adolescenza, in seguito apertamente militando tra i principali partiti di sinistra degli anni sessanta e settanta.
Mio padre, capo del piccolo clan e membro di un clan più vasto, con connotati ideologici tipici di una civiltà tardo-contadina e preindustriale, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, sin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue scelte e il suo codice comportamentale – tratto dalla biografia peppinoimpastato.com.
L’impegno politico di Peppino Impastato entra nel vivo con il ’68 che lo vede al fianco dei contadini espropriati delle loro terre per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo. Già dieci anni prima Cinisi aveva subito la perdita di quasi un terzo della superficie coltivata e della aziende agricole e pastorizie che vi operavano, proprio a causa della costruzione dell’aeroporto. Negli anni Settanta Peppino Impastato si avvicina al partito Lotta Continua e nel 1976 costituisce a Cinisi il gruppo Musica e cultura, che diventa un punto di riferimento per il paese. Sempre in quell’anno, assieme ai suoi compagni, fonda Radio Aut, una radio libera e autofinanziata. E proprio sulle frequenze di Radio Aut Peppino Impastato conduce una trasmissione seguitissima dal nome Onda pazza – qui uno dei discorsi. Le sue parole sferzanti prendono in giro politici e mafiosi, primo su tutti il capomafia Gaetano Badalamenti chiamato Tano Seduto. Denuncia pubblicamente gli affari di droga dei mafiosi di Cinisi e Terrasini. Proprio questo programma aumenta i dissapori nell’ambiente a lui ostile e logora la pazienza di Badalamenti che non è più tanto propenso a tollerare le stranezze del figlio di Impastato. Quando Peppino si candida alle elezioni comunali nel 1978 per la lista Democrazia Proletaria Gaetano Badalamenti prende la risoluzione definitiva. Peppino quelle elezioni le avrebbe vinte.
Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l’esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Le indagini sono, in un primo tempo orientate sull’ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o, in subordine, di un suicidio “eclatante”.
Dopo la sua uccisione gli elettori, decisi a non cedere alle intimidazioni, lo votano comunque e così, simbolicamente, Peppino Impastato viene eletto nonostante tutto. Il delitto rimane nell’ombra per anni e anni. La magistratura e la polizia rifiutano di interessarsi del caso. Il Centro siciliano di documentazione, insieme a Democrazia proletaria, organizza a Cinisi la prima manifestazione antimafia della storia italiana in occasione del primo anniversario della sua morte. Tramite l’instancabile ostinazione del fratello Giovanni e della madre Felicia Impastato – morta nel 2004 – i compagni militanti e il Centro siciliano di documentazione di Palermo la verità torna lentamente a galla. Tuttavia, solo nel 1996 viene riaperta ufficialmente l’inchiesta che emette ordine di cattura per Badalamenti come mandante del delitto. E solo nel 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L’anno successivo Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo.
La storia di Peppino Impastato è stata consacrata dallo straordinario successo del film I Cento Passi di Marco Tullio Giordana uscito nel 2000. Indimenticabile l’interpretazione di Luigi Lo Cascio nel ruolo di Peppino che ha fatto affermare alla madre Felicia: “hai fatto rivivere mio figlio”. Dopo la morte di Peppino Impastato il fronte antimafia siciliano si è rafforzato ancora di più. La personalità e il carisma della figura di Peppino dominano incontrastati nell’immaginario collettivo di tutti coloro che si battono contro la mafia e per la legalità. Il fascino della sua figura proviene dalla forza e dalla passione delle sue scelte di vita che lo hanno portato a ribellarsi apertamente alla propria famiglia, a negare il rispetto alle tradizioni mafiose fonte di un sistema ingiusto e prevaricatore.