Cronaca

Non voglio avere paura. Il sangue sulle divise

Ad un certo punto stavo male. Come una bambina mi sono accorta di avere il battito accelerato, mi tremavano le mani e si, era paura vera quella che provavo.

Non trovavo nulla che mi facesse stare meglio, mi sono domandata se quello fosse un attacco di panico, di consapevolezza o più semplicemente se quella era la sensazione di smarrimento che qualcuno mi aveva descritto, in passato, per altre situazioni, altri motivi, per tempi “altri”. E come sempre, quando qualcosa mi spaventa mi fermo, respiro forte e penso a casa. Si, respiro forte perché è così che voglio che l’aria entri nei polmoni, tanto forte da spazzare via le paure. Casa per me è un tripudio di profumi e spazi, posizioni e sicurezze. Solo così mi sento protetta e libera d’essere fragile e vulnerabile.

Questo “gioco” dell’immedesimazione oggi è stato troppo violento, ma non c’era modo di uscirne, era un vortice che m’ha preso e trascinata giù, nell’occhio di quel ciclone e per un istante, immensamente vasto, tutto mi è apparso nero, vuoto, silenzioso e freddo. La paura e un nobile sentimento, al pari dell’amore credo che sia una sensazione degna da “indossare”, che deve restarci dentro e deve proteggerci dall’esterno. Una  seconda pelle, forse prima, precedente e perenne. Una divisa.

Degli applausi agli assassini di Aldrovandi non ho pensato in termini “tecnici”, se erano a sostegno degli agenti colleghi del SAP, della tragedia o contro una sentenza considerata ingiusta: mi sono limitata a sentire la tristezza, degli applausi stessi, delle foto apparse sui giornali dove si vedevano i volti degli agenti che applaudivano, mi sembravano complici di quel “clap” e mi hanno ricordato un film così istruttivo per ogni giornalista e così educativo per ogni fruitore di notizie: “Sbatti il mostro in prima pagina“.

Poi sono andata a leggere l’articolo di Marika Massara, e dopo qualche ora ho trovato un commento di un nostro lettore – che probabilmente conosce quel film – e che sento il bisogno di condividere con voi. Si è firmato Federico … chi sa se è il suo nome o è solo straordinariamente intelligente

Non mi soffermo sul considerare vergognoso il comportamento del Sap, vado oltre: è pericoloso, incostituzionale e và contro lo Stato. Rappresentanti delle Forze dell’Ordine che si permettono di opinare sentenze di cassazione sono un evento pericoloso. Ricordate il caso Borghese? E’ necessario che quanto prima lo Stato mostri pugno di ferro. Ne và della sicurezza Nazionale.

Ne va della sicurezza nazionale. E in quell’istante ho avuto paura. Sfogliavo pagine digitali e ovunque trovavo accuse ai nostri poliziotti, ovunque vi era sangue sulle nostre divise. Leggevo in altre pagine la tragedia che continua a stremare agenti della penitenziaria che non sopportano più le condizioni disumane di vita cui sono sottoposti, insieme ai detenuti, e concludono con una pistola in bocca o un cappio al collo. Commenti di ragazzini cretini – d’ogni età – che accusano gli agenti della Polizia di Roma Capitale e gli altri della Municipale di tutta Italia, di rubare stipendi perché vanno a prendersi un caffè e vedo altre divise disprezzate. Altre divise insanguinate.

E poi ci sono i quattro carabinieri indagati per la morte di Magherini, e c’è Stefano Cucchi e Gabriele Sandri e chi sa quanti detenuti oggetti di violenze e torture. Ma c’è anche Roberto Mancini che i suoi amici e colleghi oggi ricordavano così:

All’alba si è spento Roberto Mancini, un poliziotto bravo, ricco di passione, uno dei primi a denunciare e combattere il traffico dei rifiuti nella terra dei fuochi. Le sue informative, i suoi racconti , le sue denunce su Cipriano Chianese sono stati per me l’inizio e la scoperta di quello che poi è diventato Biutiful Cauntri. E’ morto per un tumore da contaminazione . Ha combattuto fino alla fine e cosi’ voglio ricordarlo.

Il sangue sulle divise è tanto, degli agenti e dei cittadini, ma vi prego di non scordare che spesso quel sangue è mischiato, avvolto da una nube di paura comune. Esiste un sistema putrido e sbagliato e sta facendo in modo che oltre al sangue sulle divise ci siano anche sputi. Ho immaginato una rivoluzione ed un mondo dove nessuno più si fidava di quelle divise, ed ho avuto paura. Di getto ho riempito questo foglio ed ho lasciato a voi il compito di giudicarmi, per sempre starò dalla parte della Giustizia. Quella che non uccide Caino e lascia libero Abele. Voglio vivere in un modo dove in carcere non ci sono innocenti, dove i poliziotti non sparano da una parte all’altra dell’autostrada, dove un ragazzino non viene massacrato di botte.

Luigi Preiti sparò proprio un anno fa, i Ministri del Governo Letta stavano giurando e Luigi sparava, ha colpito Giuseppe Giangrande e Francesco Negri, carabinieri. Il sangue sulle divise mi fa paura e non voglio vivere in un mondo senza le divise.

Per piacere, Renzi, Orlando, Napolitano, Papa Francesco o chi può far qualcosa, io non voglio mai più avere paura del mio o loro sangue sulle nostre divise.

Sheyla Bobba

Classe 1978. Appassionata di comunicazione e informazione fin da bambina. Non ha ancora 10 anni quando chiede una macchina da scrivere come regalo per il sogno di fare la giornalista. A 17 anni incontra un banchetto del Partito Radicale con militanti impegnati nella raccolta firme per l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti e decide che avrebbe fatto comunicazione e informazione, ma senza tesserino. Diventa Blogger e, dopo un po’ d’inchiostro e font, prende vita il magazine online SenzaBarcode.it Qualche tempo dopo voleva una voce e ha creato l’omonima WebRadio. Con SBS Edizioni & Promozione si occupa di promozione editoriale e pubblicazione. Antipatica per vocazione. Innamorata di suo marito. Uno dei complimenti che preferisce è “sei tutta tuo padre”.

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