Cronaca

Un caffè grazie

“Un caffè, grazie”, quante volte ognuno di noi ha ripetuto questa frase, senza pensarci, magari di fretta, facendosi largo tra altre cento persone costrette al bancone del bar.

Questa volta però la storia è ben diversa.

Lei chiese distrattamente un caffè al barista, in quel bar che poche volte prima di allora aveva frequentato.

“Un caffè, grazie”, “due”, fece eco una voce al suo fianco, familiare, ma non immediatamente riconoscibile. Girò la testa quasi automaticamente in direzione di quell’uomo, e restò stupita quando alla voce familiare si abbinò un volto ancora più noto.

Anche lui la riconobbe, e le sorrise immediatamente. Non si vedevano da dieci anni, e i segni si vedevano sui visi di entrambi.

Lui, già bello anni fa, acquistava ora un fascino in più. Quelle piccole rughe sulla fronte e al bordo degli occhi, l’abbigliamento ricercato, tipico dell’uomo d’affari, la camicia senza cravatta sopra un jeans semplice, l’avrebbero reso irresistibile agli occhi delle donne di qualsiasi età, e lo sapeva benissimo. Un po’ più stempiato rispetto all’ultima volta in cui l’aveva visto dieci anni prima, ma non per questo meno affascinante.

I dieci anni trascorsi, sul viso di lei e come spesso accade alle donne, si notavano  invece molto di più, e non erano – almeno agli occhi della donna – fonte di fascino, come le imperfezioni di lui. L’ultima volta che si erano incontrati lei era poco più di un’adolescente, un fiore non ancora sbocciato. Ora si mostrava – agli occhi di lui – nel pieno della sua maturità. Una donna attraente, ricercata, ma con gli occhi ancora vivi. Lui quegli occhi non se li era mai dimenticati, li ricordava bene ed esattamente così. Se non fosse stato per qualche segno del tempo, avrebbe giurato che per loro, in quel bar, davanti a quel caffè, il tempo avesse messo la retromarcia.

“Il caffè per la signora”

Fu così che davanti a quel caffè iniziarono a parlare a fiume, a raccontarsi i dieci anni trascorsi senza mai incontrarsi, nonostante le loro vite si fossero sfiorate molte volte prima di quel caffè. Parlarono delle loro esistenze, delle sconfitte amorose – di lei – e della fede al dito di lui. Parlarono dei bambini che non arrivavano, e della moglie di lui che proprio per questo motivo si stava pian piano spegnendo, come il loro rapporto, legato ormai solo dall’illusione di un possibile “figlio riparatore”.

Al primo caffè ne seguirono altri due, ma presto arrivò l’ora di salutarsi, la giornata lavorativa doveva iniziare. Ebbero la tentazione di scambiarsi i numeri di telefono, di ritornare a giocare col passato. La scintilla c’era, ardeva come un incendio, e quel caffè lo aveva fatto capire ad entrambi.

Uscirono insieme dal bar, si diedero un bacio sulla guancia, e lui la guardò andare via, seguendo le sue gambe fino a quando fu fisicamente possibile ai suoi occhi.

Marika Massara

Nata e cresciuta in provincia di Milano, emigrata in Calabria, adottata da Roma, non posso che definirmi italiana. Amo la mia Calabria, il mare d'inverno e il Rock. Da sempre attenta alla politica (più che ai politici), non posso che definirmi assolutamente di sinistra. Segni particolari: Milanista sfegatata.

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