Storia di una ladra di libri: recensione del film di Brian Percival
Di seguito la recensione di Storia di una ladra di libri. Il 27 Marzo 2014 sarà proiettato nelle sale il film di Brian Percival, tratto dal romanzo “la Bambina che salvava i libri”.
La storia di questo Film di Brian Percival, tratta da un romanzo di Markus Zusak, mi ha richiamato alla mente un’immagine o meglio una parola,come una sorta di libera associazione che la mia mente ha prodotto. Incantesimo, questa è la parola, una di quelle formulette magiche che le streghe delle fiabe, dei romanzi, recitano per domare e plasmare la realtà.
Ora non bisogna credere che la piccola Liesel Meminger ( Sophie Nélisse), protagonista del film, sia una streghette allieva di Hogwarts, tutt’altro. La ragazzina vive la sua storia nella Germania del 1939 in pieno regime Nazista e come tutti gli uomini e le donne nella sua stessa condizione subisce il dolore che la guerra porta con se, lo strazio del genocidio che si ripercuote non solo sugli ebrei. Tuttavia a differenza di molte opere, letterarie e non, sull’olocausto Storia di una ladra di libri ha qualcosa di speciale, la speranza. Trovare la luce che riconduce sul sentiero della vita, della crescita, in un momento tanto buio della storia è un’impresa ardua, quasi impossibile. Tuttavia la piccola Liesel riesce a trovare lo scoglio a cui aggrapparsi, grazie ad Hans Hubermann ( Geoffrey Rush), l’uomo che le fa da padre dato che la madre è costretta a fuggire a causa delle sue idee politiche.
Hans le trasmetterà l’amore per i libri e la cultura, un amore che sarà alimentato da un amico inaspettato Max Vandenburg (Ben Schnetzer), un ebreo nascosto dai genitori affidatari di Liesel. Grazie all’amico nascosto nell’ombra, la protagonista di Storia di una ladra di libri capirà che tramite la cultura, tramite la parola potrà scoprire la verità nascosta dietro la realtà,i misteri celati dietro ad un velo di finzioni, di atti di uomini corrotti e violenti. Non solo, la giovane ragazzina comprenderà cosa significa libertà. L’uomo è libero quando può dare voce alla propria anima e questa è un tipo di libertà che difficilmente può essere negata. Ognuno si esprime come vuole o spesso come può, ma sicuramente strumento prediletto è la parola, scritta, cantata anche urlata produce sempre il suo magico effetto.
E l’incantesimo invece cos’è? Cos’è se non una formula magica , una filastrocca, parole in rima che racchiudono un potere inimmaginabile? E’ il potere che dona la conoscenza di se stessi e del mondo, che emancipa l’uomo dallo stato di schiavo a quello di potente uomo libero. Chi controlla la parola, con la letteratura, la retorica, il cinema, ha la possibilità di carpire, o anche solo intravedere di sfuggita, la natura umana e a volte si acquisisce anche la facoltà di indirizzarla. Con la parola l’uomo estirpa via l’ignoto, svela le connessioni che legano la realtà. E allora questa forse non è magia? Non è quindi la parola stessa un incantesimo?
Hans e Max, forse, vogliono insegnare alla piccola Liesel proprio questa verità, le vogliono insegnare ad essere artefice del proprio destino, nonostante ciò che il resto del mondo decide per lei. La piccola impara presto questa lezione e per carpire più segreti possibili sulla sua e le altrui vite decide di rubare, raccattare in giro, gli strumenti mistici della conoscenza, i libri.
La tecnica di regia adottata per Storia di una ladra di libri è molto semplice. Il regista, giunto al suo secondo film, decide di far parlare la storia piuttosto che adottare sofisticate tecniche. Tuttavia una grande attenzione è riservata alla fotografia e alla scelta dei colori, che identificano i personaggi e danno carattere alle ambientazioni.
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