Carta di Lampedusa: la costruzione del diritto come processo dal basso
A Lampedusa il meeting internazionale di attivisti che si occupano dei migranti e dei problemi giuridici della migrazione. La Carta di Lampedusa: risultato di un processo di costruzione dal basso dei diritti personali e universali.
Per tre giorni, dal 31 gennaio al 2 febbraio, si sono date appuntamento a Lampedusa circa trecento persone, rappresentanti di movimenti, reti ed organizzazioni, laiche e cattoliche, provenienti dall’Italia e da tutto il mondo. L’obiettivo dell’incontro è stato quello di approvare la Carta di Lampedusa, un documento condiviso precedentemente in rete, preparato, elaborato e redatto mediante assemblee online e utilizzando anche l’open source DokuWiki.
La Carta di Lampedusa è il risultato di un processo costituente e di costruzione di un diritto dal basso che si è articolato attraverso l’incontro di molteplici realtà e persone che si sono ritrovate a Lampedusa dal 31 gennaio al 2 febbraio 2014, dopo la morte di più di 600 donne, uomini e bambini nei naufragi del 3 e dell’11 ottobre 2013, ultimi episodi di un Mediterraneo trasformatosi in cimitero marino per le responsabilità delle politiche di governo e di controllo delle migrazioni.
La Carta di Lampedusa vuole da una parte riaffermare i principi della Carta Mondiale del Migrante redatta a Gorèe, in Senegal nel 2011, dall’altra lanciare un nuovo stimolo a livello internazionale all’insegna del confronto diretto tra chi si occupa di diritti dei migranti nel mondo per individuare dal basso strategie alternative alla militarizzazione delle frontiere e all’attuale gestione dei flussi migratori. La Carta di Lampedusa è divisa in due parti (qui il testo completo). La prima parte definisce i principi di fondo in termini di libertà. La seconda presenta fornisce specifiche indicazioni rispetto a questioni pratiche e giuridiche necessarie al cambiamento complessivo del sistema nazionale e internazionale vigente. Sotto accusa le politiche migratorie e di militarizzazione dei confini in atto, il razzismo, le discriminazioni, lo sfruttamento e le diseguaglianze.
La Carta di Lampedusa afferma come indispensabile una radicale trasformazione dei rapporti sociali, economici, politici, culturali e giuridici – che caratterizzano l’attuale sistema e che sono a fondamento dell’ingiustizia globale subita da milioni di persone – a partire dalla costruzione di un’alternativa fondata sulla libertà e sulle possibilità di vita di tutte e tutti senza preclusione alcuna che si basi sulla nazionalità, cittadinanza e/o luogo di nascita.
A partire dal presupposto che “tutti in quanto esseri umani abitiamo la terra come spazio condiviso e che tale appartenenza comune debba essere rispettata” le libertà elencate sono sei. Libertà di movimento: la Carta di Lampedusa afferma la libertà di movimento per tutti. Non è accettabile che esistano trattamenti diversi legati ai luoghi di nascita o a situazioni economiche e sociali. Ogni individuo deve essere libero di spostarsi in base ai propri bisogni e desideri. Libertà di scelta: la Carta di Lampedusa afferma che ogni essere umano deve essere libero di scegliere il luogo in cui abitare. Libertà di restare: questo principio è affermato sia nel senso che non si deve essere costretti ad abbandonare il paese in cui si nasce o si abita, sia nel senso della libertà di abitare in qualsiasi luogo. Gli ultimi tre principi sanciscono: la libertà di costruzione del proprio progetto di vita in caso di necessità di movimento, la libertà personale per cui si rifiutano gli assoggettamenti, le forme detentive e di sfruttamento e la libertà di resistenza.
I grandi temi affrontati nella seconda parte e le indicazioni molto puntuali riguardano tra le altre cose: la smilitarizzazione dei confini; l’abolizione del sistema dei Visti che istituendo una mobilità selettiva, non solo costringo coloro che non possono ottenere un visto a rischiare la vita nel tentativo di attraversare le frontiere, ma costituisce una modalità che, in quanto illegale, comportano difficoltà nel riconoscimento dei propri diritti; l’eliminazione delle clausole migratorie e di vincoli come il sistema delle quote di ingresso; la necessità di ridefinire le forme di cittadinanza, la definitiva eliminazione del sistema di accoglienza basato su campi e centri per costruire invece un sistema condiviso nei diversi territori coinvolti.
Indipendentemente dal fatto che il diritto dal basso proclamato dalla Carta di Lampedusa venga riconosciuto dalle attuali forme istituzionali, statali e/o sovrastatali, ci impegniamo, sottoscrivendola, ad affermarla e a metterla in atto ovunque nelle nostre pratiche di lotta politica, sociale e culturale.
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