Farinetti l’imprenditore del modello Made in Eataly.
Farinetti modello Made in Eataly: grande distribuzione, lavoro precario e straordinari non pagati. L’ennesimo impero che si fonda sul brand e tende al profitto a scapito dei coltivatori diretti e sotto gli occhi dei consumatori critici.
Oscar Farinetti, è il fondatore di Eataly. Nato ad Alba, in Piemonte, classe 1954, Farinetti è tra gli imprenditori italiani che più si stanno facendo notare negli ultimi anni. Nel 2012 è stato insignito del Premio Scanno per l’alimentazione. Nel 2013 gli è stato attribuito il Premio America della Fondazione Italia USA. Già proprietario della catena di grande distribuzione UniEuro fondata dal padre e poi ceduta alla britannica Dixon Retail, una compagnia di vendita al dettaglio di elettronica, dai ricavi della vendita è nata la nuova catena di distribuzione alimentare Eataly che diventa nel giro di pochi anni un brand italiano molto apprezzato dai consumatori.
Eataly è una catena commerciale specializzata nella vendita e nella somministrazione di prodotti alimentari tipici e di alta qualità, che promuove la cultura enogastronomica e la riscoperta delle radici della tradizione italiana. Nel 2007 l’apertura del primo punto vendita è stata a Torino, nel complesso del Lingotto. Progetto nato all’insegna dei valori “slow”, del mangiare sano e a poco prezzo, della valorizzazione del rapporto diretto produttore-consumatore, nel giro di questi anni Farinetti apre Eataly Stores in tutto il Piemonte e poi a Milano, Bologna, Roma, Genova, Bari, Tokyo, Osaka, New York e così via per un totale di 24 punti vendita. Sono in fase di apertura altri Eataly a Los Angeles, Toronto, Londra, Istanbul. Eataly distribuisce i suoi prodotti anche ai passeggeri di NTV e Alitalia. La logica della democratizzazione dell’alta gastronomia sembra cedere il passo a mire espansionistiche multinazionali. E il marchio Eataly cavalca l’onda della moda del made in Italy ad alta qualità e sembra entrare nelle “to do list” dei turisti. Mangiare da Eataly è l’unico modo e il migliore per mangiare italiano? Molti sostengono che di progetto sostenibile e di sostegno al piccolo produttore ci sia ben poco, innanzi tutto perché per essere inseriti nei banchi-vetrina di Eataly molti coltivatori diretti e produttori sono costretti a regalare stock dei loro prodotti e poi perché, se l’Italia è tra i pochi paesi europei con una forte tradizione alimentare, che questa venga riconosciuta tramite una catena di grande distribuzione rischia di danneggiare il circuito indipendente. Del resto nessuno nasconde il successo personale del business targato Farinetti. In pochi anni l’imprenditore è diventato anche proprietario di buona parte dei brand che vende nei suoi supermercati. La società è controllata per il 60% da lui e per il restante 40% da alcune cooperative del sistema Coop. Da bravo comunicatore che ha saputo sfruttare le sue amicizie e le sue idee a livello locale, Farinetti ha fatto un salto di qualità notevole e adesso rappresenta il “fare” della sinistra italiana. Volto dell’imprenditoria radical-chic, corteggiato dalla politica del PD e oggi più che mai uomo di Renzi, dietro il suo successo si nascondono tutte le ombre del sistema-Italia: tempi record negli accordi e nella concessione delle licenze, lavoro sottopagato e precario.
A Torino Farinetti ottenne dall’amministrazione comunale Chiamparino lo spazio e gli edifici gratis per 60 anni in cambio della ristrutturazione dell’edificio stimata in circa 20 milioni di euro, ma che in realtà ne richiese solo 7. A Firenze la storica libreria Martelli chiude e Farinetti ci installa Eataly. Un ingresso malvisto da molti cittadini e da chi ritiene prioritario il mantenimento di un sistema librario indipendente e non l’appoggio a un surrogato enogastronomico che al suo interno concede spazio anche ai libri. Sia a Firenze che a Bologna Eataly si è trovata a far fronte a vertenze sindacali dei lavoratori rispetto a irregolarità commesse dall’azienda per l’elevata percentuale di interinali, la gestione degli orari di lavoro e addirittura straordinari non pagati. Anche a Bari si contesta a Oscar Farinetti di aver violato non solo le regole che presiedono le relazioni sindacali, ma anche la legge Biagi, puntando quasi esclusivamente su contratti di lavoro interinale. Da questo punto di vista Eataly, rappresenta la frontiera italiana dei cosiddetti lavori “Mc Job” mascherata da tante buone intenzioni. A un’intervista per Il Fatto Quotidiano, tra le altre cose, Farinetti candidamente afferma:
Certo che sono d’accordo con Matteo Renzi se vuole rivedere l’articolo 18, ci mancherebbe. La questione è il lavoro garantito. Voglio dire che il lavoro garantito per chi non ha voglia di lavorare è un delitto perché i ragazzi che vogliono, e non possono, restano a casa. I sindacati sono un impedimento, di sicuro. E non voglio con questo criticare la Cgil, o la Cisl o la Uil. Ma voglio dire chiaro che le corporazioni hanno protetto i loro interessi e basta. Compresi Confindustria, artigiani, commercianti, associazioni varie.
La Mission dichiarata di Eataly è sbandierata ai quattro venti: “provare a percorrere una nuova via nel sistema della distribuzione alimentare e della commercializzazione dei migliori prodotti artigianali, ispirandosi a parole chiave quali sostenibilità, responsabilità e condivisione”. E nel frattempo Farinetti punta alla quotazione in borsa prevista per il 2016: “La quotazione ci sarà. È lampante che si debba procedere in questa direzione, ma senza fretta. La faremo al momento giusto. Il risultato finanziario c’è, ma abbiamo bisogno di coprire ancora qualche mercato”.
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