Cronaca

Spring Awakening: intervista a Raffaele Commone

Continua imperterrito il tour di Spring Awakening in tutta Italia, e con esso, le nostre interviste. Stavolta è il turno del batterista Raffaele Commone.

È ripartito alla grande il tour di Spring Awakening, che stavolta ha fatto tappa a Lucca. Lo spettacolo continua a mietere successi su successi, anche grazie alla band che si esibisce dal vivo durante le coreografie e i brani eseguiti dagli attori. Dopo aver intervistato gran parte dei membri del gruppo, conosciamo nei dettagli il batterista, Raffaele Commone, che ci ha esternato le sue impressioni sull’esperienza “Spring” e sul panorama musicale italiano attuale.

Qui la presentazione ufficiale di Spring Awakening.

Qual è la tua opinione su Spring Awakening sotto il punto di vista della sceneggiatura e, soprattutto, della musica? Pensi che l’esperimento “live” sul palco possa spingere altre compagnie a seguire le vostre orme?
Spring Awakening è sicuramente un musical di rottura rispetto ai canoni che specialmente noi italiani siamo abituati a vedere, niente lustrini, costumi sgargianti e coreografie spettacolari.
Credo che solo gli americani possono permettersi di prendere una pièce di Frank Wedekind di fine ottocento e renderla un musical di Broadway di grande successo capace di vincere 8 Tony Awards.
La cosa che più mi ha convinto di questo musical sono i temi che vengono affrontati, temi odierni che raccontano di una adolescenza che appartiene e ci è appartenuta a tutti: aborto, violenza, scuola, rapporto conflittuale con la famiglia, scoperta della propria sessualità e dell’amore.
Forse tutti gli italiani non sono ancora pronti per questi temi o forse non siamo stati educati a questi argomenti, e questo lo abbiamo scoperto durante le repliche dello spettacolo nei vari teatri che ci hanno ospitato dove una parte del pubblico si stupisce ancora di scene, secondo loro forti, come un bacio tra due ragazzi, uno schiaffo di un genitore soltanto perché è bocciato a scuola.
Credo però che la forza di tutto questo è perché siamo dentro un teatro e tutto è paradossalmente reale mentre quello che si vede di reale in televisione tutti i giorni diventa quasi una notizia di passaggio.
Il punto di forza di Spring Awakening è sicuramente quello di legare alla storia una musica prettamente rock che accompagna i momenti in cui i ragazzi pensano a voce alta. La partitura è scritta in modo semplice e chiara è l’unico modo per renderla efficacie è suonarla con il cuore.
Credo che non dovrebbe neanche essere un esperimento la scelta di una musica live all’interno di uno spettacolo perché se già si parla di “musical” dovrebbe essere implicito. Sicuramente il problema della musica dal vivo in Italia sono i costi che vanno sostenuti per portare in giro musicisti, tecnici, impianto audio adeguato etc… ma dovrebbe e deve essere così sempre!
Spero che tutte le altre compagnie lo facciano.

Tra le tue primissime esperienze figura quella con i Beati Paoli del 2001, con il singolo Supermarket, molto gettonato all’epoca su Videomusic: ci racconti qualche retroscena di quell’avventura?
I Beati Paoli è stato un gruppo a cui ho tenuto molto, il disco è stato prodotto nel 2000 ed ha avuto un grande riscontro in Italia sia per la critica sia per il pubblico. Già all’uscita del disco il video del singolo “Supermarket” era in rotazione sul fantastico canale Videomusic come video della settimana seguito da Paola Maugeri. In quell’occasione per fare le foto del gruppo siamo andati in un supermercato della nostra città, Livorno, e abbiamo fatto moltissimi scatti in mezzo a scaffali di prodotti e carrelli della spesa e le persone presenti si sono prestate a fare tante foto con noi come in uno spot pubblicitario, è stato molto divertente. Con questo disco abbiamo voluto raccontare di un periodo storico in cui tutto è commercializzabile e spettacolare, di un tempo dove cose e persone sono vendibili e comprabili a prezzi diversi e dove tutti hanno una scadenza. Il videoclip, invece, lo abbiamo affidato ad una azienda che che ci ha creato un cartone animato nel quale tutti noi eravamo dei buoni acquisto che volevano assolutamente scappare dal supermercato, stanchi di tutto quello spendere eccessivo. Alla fine, fuori dal supermercato veniamo schiacciati dal solito cartello che tutt’ora esiste… il 3×2.

Parliamo un po’ delle tue influenze: cosa ti ha spinto a suonare la batteria? Quali artisti hanno maggiormente “segnato” il tuo percorso?
La verità?
La verità è che avevo 11 anni e non sopportavo troppe persone intorno a me, allora ho pensato che uno strumento come la batteria mi potesse dividere almeno un po’ dagli altri.
Quindi, come credo la maggior parte dei bambini, ho stressato la mia dolce mamma per farmi comprare una batteria per iniziare a suonare, ovviamente dopo averla convinta ho avuto la mia batteria (rossa) nel solito garage che tutti usano in tutti i modi tranne come garage.
In seguito ho capito che la batteria era uno strumento che poteva darmi tanto e così è stato, ho iniziato a studiare con vari maestri, ho fatto stage e laboratori e mi sono formato per poter esibirmi al pubblico. Ho iniziato ad ascoltare vari batteristi e gruppi che mi piacevano come gli U2, i Police, Pink Floyd, Jimi Hendrix e tutto quel mondo musicale che sentivo vicino al mio gusto. Il batterista che più ringrazio e da cui ho imparato tantissimo è sicuramente Stewart Copeland.
Da qui in poi ho fatto davvero tantissimi concerti fino ad oggi e sopratutto è diventato il mio lavoro, un fantastico lavoro che mi fa conoscere sempre tante splendide persone e visitare posti incredibili.
La cosa che più mi rende felice è che mia mamma ancora oggi quando può viene a vedermi dicendomi sempre che ha fatto bene a comprarmi quella batteria…

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente il prossimo anno continuerò la tournée con Spring Awakening.
Ho altri progetti che voglio portare avanti, come il gruppo Le bugie di Elisa con cui suono e compongo musica originale, i Gary Baldi Bros un progetto musicale sugli anni ’90, Quanto zucchero! spettacolo teatrale con Emiliano Geppetti e lo spettacolo Io Doppio! con Paolo Ruffini.

Cosa ne pensi, in generale, del movimento musicale italiano? Quale potrebbe essere la “musica del futuro” entro i confini italiani?
Non lo so, vorrei che ci fosse più apertura per la musica indipendente come ai tempi del Consorzio Suonatori Indipendenti ma oggi siamo troppo influenzati e rincoglioniti dai vari reality che sfornano e mandano (alcune volte) al macello ragazzi che potrebbero essere in futuro degli artisti.
Comunque cerco sempre di ascoltare un po’ di tutto accendendo semplicemente la radio della macchina quando viaggio ma purtroppo girando girando e ancora girando stazioni radio ascolto sempre le stesse cose.
Credo che la musica del futuro potrebbe essere un giusto connubio tra quella digitale e quella analogica un po’ come stanno facendo i Muse che rispetto molto. In Italia non vedo ancora la luce per un tipo di musica del genere, forse dovremmo accettare il fatto che siamo un paese con bravissimi cantautori e che questo è il genere che ci viene meglio.

Giuseppe Senese

Sono un laureando in Scienze e Tecnologie Informatiche, che nutre anche numerose passioni come la musica, il cinema e il calcio. Adoro il Rock Progressivo degli anni 70' (soprattutto quello britannico e quello italiano) e sono un tifoso sfegatato del Napoli.

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