Cronaca

Gabriella Ghermandi: Regina di fiori e di perle

«Quando ero piccola, me lo dicevano sempre i tre venerabili anziani di casa: “Sarai la nostra cantora”». Gabriella Ghermandi, Regina di fiori e di perle, Donzelli 2011.

Gabriella Ghermandi, di origini italo-etiopi, è nata ad Addis Abeba nel 1965 e si è trasferita in Italia nel 1979, a Bologna, città originaria del padre. Nel 2007 la prima edizione del suo romanzo d’esordio: Regina di fiori e di perle. Un romanzo suggestivo ambientato nell‘Etiopia contemporanea che ha per protagonista una bambina di nome Mahlet, incaricata dagli anziani di fare da tramite con l’Italia, per portare nella terra di Pietro e Paolo la voce dimenticata di un popolo che ha subito la colonizzazione italiana a seguito della feroce conquista che ha visto l’utilizzo anche di armi proibite dalle convenzioni internazionali. Mahlet cresce in un contesto familiare allargato, dove l’anziano non è un problema da risolvere, ma una risorsa e un rifugio. L’importanza del ruolo degli adulti come guida si rivela con forza fin dalle prime pagine. Mahlet da grande, sebbene per altri motivi, approda nella terra degli italiani, e riscopre sé stessa nei loro commenti. Così come la maggior parte degli italiani ignora la storia dell’occupazione etiope o l’ammanta di vanagloria umanitaria, Mahlet dimentica la storia del suo Abba Yacob e avrà bisogno dell’Altro-Occidentale, della guida degli adulti per riscoprirla. Il personaggio di Mahlet, veicolo principale della storia, del messaggio e delle voci che nel suo racconto si incrociano, rappresenta l’alter-ego dell’autrice non solo per certi aspetti in senso autobiografico, ma soprattutto nel suo essere rappresentante della funzione ‘pedagogica’ del romanzo. Mahlet è una ragazzina curiosa di storie e paziente ascoltatrice. L’ascolto è fondamentale, cruciale e non a caso frequenti appelli all’ascolto costellano l’inizio di molti racconti. In questo senso l’atteggiamento postcoloniale di Gabriella Ghermandi individua una possibilità di comprensione dell’altro legata alla narrazione in prima persona come mezzo per scoprirsi, farsi accogliere e finalmente comprendersi.

Se la tipicità della letteratura postcoloniale consiste, tra le altre cose, nell’appropriazione del canone della cultura colonizzatrice da parte dei ‘nuovi’ scrittori, Gabriella Ghermandi dichiara di aver tratto ispirazione da Tempo di uccidere di Ennio Flaiano. L’autrice costruisce un romanzo a più voci che narra la storia dal punto di vista del subalterno. Un subalterno che non vuole il conflitto, ma che racconta la personale esperienza di un evento storico, per essere elemento di unione e non di divisione. La storia che ha visto protagonista l’Italia e gli italiani in Africa è a tutti gli effetti unica e appartiene ad entrambe le culture. I destinatari espliciti del romanzo di Gabriella Ghermandi sono gli italiani che hanno dimenticato il loro passato e necessitano di riscoprirlo nelle storie di Etiopia, per riscoprire sé stessi.

Cristina Di Pietro

Classe 1986. Laurea Magistrale in Lettere conseguita con il massimo della dignità. Citazione preferita: "se comprendere è impossibile conoscere è necessario" (P. Levi).

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